Abbiamo provato in tutti i modi a spiegare che la sentenza della Corte europea dei diritti umani di ieri non legittima il divieto alla ricerca sugli embrioni, ma conferma “solo” il divieto per Adele Parillo di donare i propri tre embrioni alla ricerca scientifica.
Risultato? Corriere della Sera “Legittimo vietare la ricerca sugi embrioni“; Repubblica “Ricerca sugli embrioni lo stop di Strasburgo legittimo il divieto“; La Stampa “Gli embrioni non sono cose, è lecito vietare la ricerca“; Il Gazzettino “Embrioni per la ricerca divieto giusto“; L’unità “Strasburgo: no alla ricerca sugli embrioni“.
Missione fallita, non c’è che dire. C’è solo da confidare nel fatto che i giudici della Corte costituzionale, che saranno chiamati a breve a decidere sulla vicenda, sapranno andare oltre ai titoli. Se davvero Strasburgo avesse detto no alla ricerca sugli embrioni, la giurisprudenza italiana non potrebbe che prenderne atto, come ha dovuto fare su altre sentenze proprio contro la legge 40. E invece la Consulta è libera di determinare l’irragionevolezza del divieto alla ricerca.
Sperare che il governo o il Parlamento aboliscano il divieto pare invece troppo, nonostante la petizione che con le massime personalità scientifiche italiane abbiamo inviato loro e che ancora si può firmare. E infatti, Lorenzin e Binetti sono stati tra i primi a far finta di credere (o a voler far credere) che Straburgo abbia detto no alla ricerca.