My dream is to make Bangladesh the first comprehensive solar nation of the world
Dipal Chandra Barua
Presidente of Bangladesh Solar and Renewable Energy Association
E chi l’avrebbe mai detto, il silenzioso Bangladesh con delle grandi ambizioni.
Si chiama Shs e sta per Solar Home System – nella sostanza un pannello o due sui tetti delle case. È un sistema semplice, poco costoso ed efficace per portare il sole nelle case, specie in comunità dove non c’è la rete elettrica. A noi occidentali può sembrare una cosa da niente ma ha cambiato la vita di tante comunità nel Bagladesh. Funziona cosi: il governo offre mutui a basso costo a compagnie private o a non-profit per installare i pannelli e i residenti ripagano questi mutui su un arco di 1-3 anni. Il costo totale per un pannello di 100watt, che è sufficente per molte famiglie del Bangladesh, è l’equivalente di 600 euro. Circa 15 milioni di persone in Bangladesh, su un totale di 156 milioni di persone hanno le case alimentate dall’Shs. Il dieci percento. L’obiettivo, ambizioso, del governo centrale è di alimentare tutte le abitazioni del paese con il sole entro il 2021. L’elettricità generata viene usata non solo per usi domestici, ma anche per alimentare le pompe che irrigano i campi. La cosa bella e buffa allo stesso tempo è che, chi ha accesso alla rete elettrica preferisce i pannelli perché non ci sono interruzioni nella generazione della corrente. Cioè il sole è più affidabile della rete elettrica.
È iniziato tutto nel 1996 – quasi venti anni fa! – quando Dipal C. Barua, che ora è il presidente del Bangladesh Solar and Renewable Energy Association, decise che il sole poteva essere una risposta per il Bangladesh, povero di infrastrutture energetiche. Gli ostacoli sono stati tanti – i costi, la mancanza di personale qualificato, lo scetticismo dei soliti “non si può fare”.
E invece. Invece con il tempo l’idea ha preso piede, sono arrivati finanziamenti anche dalla Banca Mondiale e ci sono ora circa 47 enti locali di installazione, piccoli imprenditori e non-profit nel Paese. Il governo coordina tutto grazie all’Idcol, ente che promuove la solarizzazione delle case dal 2003 e che sta per Infrastructure Development Company Limited.
È una crescita senza fine e si stima che ogni mese circa 50,000 famiglie aderiscono al programma di solarizzazione del paese. Dal 1996 ad oggi sono stati risparmiati 200,000 tonnellate di kerosene ogni anno, oltre tre milioni e mezzo di tonnellate di materiale inquinante.
Un po’ tutti credo che conoscano Grameen Bank – letteralmente “banca dei poveri”, dove si fanno microprestiti anche a chi non ha collaterale – che venne fondata nel 1983 da Muhanmed Yunus. Questa banca ed il suo fondatore vinsero il Nobel per la pace nel 2006.
Meno noto è che nel 1996 da questa banca dei poveri venne fuori lo spinoff Grameen Shakti e cioè “l’energia dei poveri” con l’obiettivo di portare il sole nelle case. È una di quelle non-profit che promuovono il solare nel Paese. Finora, da sola, Grameen Shakti ha dato microprestiti per la solarizzazione di circa 360,000 famiglie e ha creato 45 “Grameen Technology Centers” dove vengono sviluppati e prodotti pannelli adatti alle esigenze del Paese e da manodopera locale. Qui vengono anche addrestati tecnici, favorendo l’ingresso delle donne nel settore.
Anche se nessuno lo sa, Grameen Shakti è una delle più grandi ditte di solare al mondo – gli ingegneri sono anche formati per sapere parlare alla gente e periodicamente promuovono incontri in zone rurali. Installano purificatori d’acqua, sistemi di telecomunicazione, di pompaggio di acqua e imbarcazioni-scuola alimentati dal sole. Il governo ha anche creato una mini-centrale solare nell’isola di Sandwip, nella Bay of Bengal e ci sono altri progetti per 50 mini-impianti di solare nel Paese da utilizzare a maggior scala per l’irrigazione dei campi.
È una rivoluzione green piccola ma grande allo stesso tempo, di una nazione che con tutti i suoi guai, è riuscita ad adattare e ad usare in modo locale e intelligente e innovativo tutto ciò che il sole e l’ingegno umano potevano offrire.
Noi invece in Italia, grazie a Matteo Renzi, facciamo ancora buchi in riva al mare, nei boschi, nei campi.