Il re del Golfo di Napoli e dei ristoranti campani è in pericolo. Le sue carni prelibate sono diventate gommose. Immangiabili. Gli chef non lo vogliono più, i pescatori del luogo evitano di catturarlo come bersaglio e lo tirano su solo accidentalmente. Il prezzo? Dimezzato, da 30 a 15 euro al chilo. Ridotto al rango di un cefalo qualunque. Corrono tempi magri – non è un termine a caso – per il sarago maggiore. Al momento solo quello che vive nelle acque alle pendici del Vesuvio, ma il rischio potenziale, secondo gli scienziati, coinvolge anche altri punti delle nostre coste. L’allarme è stato lanciato dalla Federpesca Campania tramite le colonne de Il Mattino. La prima ipotesi avanzata riguarda “una mutazione genetica”, scrive il quotidiano partenopeo, e la possibilità che la ragione sia da ricercare nel riscaldamento delle acque o nell’inquinamento dei fondali del golfo. Se ne occuperà il dipartimento di Veterinaria dell’università Federico II assieme ai ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn e del CNR. “Al momento non abbiamo dati certi ma il problema esiste, è antico. Negli ultimi anni però i pescatori hanno segnalato un inquietante aumento di casi. Se prima il rapporto era uno a dieci, ora siamo nell’ordine del 70 per cento del pescato. Studieremo il fenomeno ma, a naso, tenderei a escludere una relazione con l’inquinamento”, dice a ilfattoquotidiano.it Aniello Anastasio, ordinario di Igiene e tecnologie alimentari dell’ateneo napoletano.
Sul sarago che dopo la cottura diventa duro come cartone esiste già un importante studio condotto dall’Università del Salento che tranquillizza sotto il profilo dell’inquinamento ma non sposta di una virgola il problema. Anzi. La causa più che in scarichi industriali e acque calde è da ricercare nelle modifiche dei regimi alimentari del pesce. Un’alga aliena a carattere invasivo, la Caulerpa cylindracea, originaria dei mari australiani e probabilmente trasportata dalle acque di zavorra delle navi, è comparsa in Tunisia negli Anni Novanta per poi diffondersi in tutto il Mediterraneo. Abbonda anche sulle coste italiane, comprese Punta Campanella e Capo Miseno, due dei punti nei quali più frequentemente i pescherecci napoletani hanno catturato saraghi che dopo la cottura si sono rivelati immangiabili. “La Caulerpa è una di quelle specie definite ‘aliene’, ovvero che non appartengono alla nostra flora marina. Il sarago ne è molto ghiotto, prova un senso di gratificazione nel mangiarla. Qualcosa di paragonabile lontanamente a un fenomeno di tossicodipendenza”, spiega Antonio Terlizzi, professore di zoologia dell’Università del Salento, a capo del team che ha condotto e pubblicato lo studio sui saraghi e la Caulerpa grazie ai finanziamenti del ministero nell’ambito dei Progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN). “Quando il sarago mangia la Caulerpa, i composti in essa contenuti si accumulano nei tessuti del pesce e abbattono il contenuto di acidi grassi, gli Omega 3 per intenderci – continua Terlizzi – Nel momento in cui il pesce viene cotto, quindi, la sua carne risulta stopposa”.
Tanto che nei ristoranti di Mergellina, Sorrento, Ischia, Procida e Pozzuoli il re dei pesci è ormai introvabile. “C’è un rifiuto commerciale. La carne è immangiabile e questo ci ha indotto a non pescarlo”. Fulvio Giugliano è il delegato di Federpesca Campania e presidente del Consorzio Pescato Campano, che raggruppa 18 armatori per un totale di 60 pescherecci. Il ‘dimagrimento’ del sarago ha avuto pesanti ripercussioni sotto il profilo economico: “Il deprezzamento è importante. Una volta lo si vendeva a 30 euro al chilo, oggi è difficile piazzarlo anche a 15. I nostri saraghi veraci sono stati sostituiti dal ‘fasciato’ di Anzio e Terracina”. E al momento non si può escludere che lo stesso fenomeno possa riscontrarsi in altre zone d’Italia. “Il problema è serio. La Caulerpa cylindracea è presente in svariati punti delle nostre coste. Nell’Adriatico ce ne sono ettari ed ettari”, afferma Terlizzi. Si tratta infatti di una specie invasiva, ad alto tasso riproduttivo e ridotto tempo di generazione. “La nostra ricerca va avanti e ora in collaborazione con il CNR di Pozzuoli e il Politecnico di Ancona stiamo cercando di capire se l’alga, oltre a danneggiare la qualità della carne del sarago, possa essere utile all’uomo – spiega Terlizzi – Non è da escludere che la Caulerpa sia funzionale all’abbassamento del colesterolo, visto l’effetto che ha sul pesce. Ne abbiamo quantità enormi da raccogliere”. Nel frattempo, però, il re del Golfo è costretto ad abdicare.