Palavobis di Milano, anno 2002: Paolo Flores d’Arcais aveva organizzato la prima grande manifestazione per la legalità. Massimo Fini concluse il suo intervento con una citazione: “A brigante, brigante e mezzo”. Il ministro Castelli, probabilmente ignorando che il riferimento fosse a una frase pronunciata da Sandro Pertini, a momenti voleva farlo arrestare. E dunque con Fini proviamo a capire cos’è stata l’opposizione al berlusconismo.
Proviamo a definire l’oggetto: cos’ha significato combattere il sistema Berlusconi?
Affermare il rispetto e il primato della legalità. Il suo opposto, il berlusconismo, è stato il riuscitissimo tentativo di affermare che la legge esiste solo per i poveri cristi. Infatti è stato creato un doppio diritto: uno per i poveracci, che obbedivano al “dura lex sed lex”, e quindi “in galera subito e buttiamo pure le chiavi”, come disse Daniela Santanchè; e poi un secondo diritto inesistente, riservato ai potenti che in sostanza erano legibus soluti.
L’antiberlusconismo che avrebbe paralizzato l’Italia quale sarebbe stato?
Ai tempi, quelli del Pd dicevano: “Non mi prenderai per un girotondino?”. Cioè: non farmi il torto di considerarmi uno che chiede il rispetto della legge anche per potenti. Tutto risale però agli anni Ottanta. Il tentativo di impedire a Berlusconi di possedere l’intero comparto radio-televisivo italiano fu fatto dalla magistratura. Poi intervenne Craxi e fu fatta la legge Mammì. Quando violi un principio, non sai mai dove vai a finire.
Perché il presidente del Consiglio ha scelto di dire adesso questa cosa (“Il berlusconismo e per certi versi anche l’antiberlusconismo hanno messo il tasto pausa al dibattito italiano: perse occasioni clamorose”)?
Renzi rappresenta l’italiano tipo che durante la lotta tra fascismo e antifascismo aspettava di vedere chi avrebbe vinto per poi schierarsi. Nel periodo berlusconiano ha fatto il pesce in barile e ora gli fa comodo presentarsi come l’uomo nuovo, che non era stato toccato da quella contrapposizione né in un senso né nell’altro.
Il patto del Nazareno l’ha fatto lui.
Vero. Ma ha poco a che vedere con la questione morale: è un’intesa che poteva firmare con lui come con chiunque altro.
Bè, forse non proprio. Non è affatto neutro per un premier di sinistra stringere alleanze con Berlusconi.
Non è neutro nella misura in cui tratti con un “delinquente naturale” come lo ha definito il Tribunale di Milano. Però già allora Berlusconi era politicamente quasi morto.
Dicono: è una polemica vecchia e di nessuna attualità.
Sembra esserlo. In realtà non lo è se la traduciamo in battaglia per il rispetto delle legalità. La più grave responsabilità di Berlusconi – condivisa anche dalla sinistra – è stata aver tolto al popolo italiano quel poco di senso di legalità che gli era rimasto.
È vero che l’Italia è stata paralizzata?
È stato fatto molto, ma in peggio. È lungo l’elenco delle leggi che hanno cercato, riuscendoci in parte, di cancellare principi come l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Producendo effetti che durano ancora oggi, perché l’importanza dello Stato di diritto è molto scesa nella percezione dei cittadini. Mafia capitale ne è un esempio, ma è solo uno dei tanti.
All’inizio dell’ultimo ventennio era così?
No. La parabola di Di Pietro secondo me è la cartina di tornasole di questo ragionamento. Da eroe osannato, insieme al pool e a Borrelli, è diventato nel giro di pochissimo tempo il peggior nemico di quasi tutti. In fondo il sistema d’illegalità diffusa non dispiace agli italiani. Certamente non è il loro primo pensiero. Spiace dirlo, ma le battaglie che alcuni di noi hanno fatto sono state perfettamente inutili.
Gherardo Colombo, in un’intervista a questo giornale, ha detto che gl’italiani sono più sudditi che cittadini.
Ricordo nel 2002 una manifestazione di Micromega a piazza San Giovanni. C’erano un milione di persone: portare in piazza così tanta gente su un tema così – non per il lavoro o la crisi economica – non è facile. Il guaio è che non è servito a nulla. L’italiano oggi è fatto in questo modo, ma non è sempre stato così. Sono abbastanza vecchio per ricordare che negli anni Cinquanta l’onestà era un valore, nel mondo contadino, negli ambienti borghesi come in quelli proletari. È una degenerazione etica e culturale cui hanno contributo moltissimi fattori: Berlusconi è uno di questi, ma non il solo. Basta pensare a cos’era la televisione di Bernabei e cos’è stata dopo, con il pluralismo e infine con l’avvento del commerciale. Un processo che ha fatto rincretinire la gente: sembra che il popolo non aspettasse altro. Sennò non si capisce il capovolgimento per cui Tangentopoli da simbolo di riscossa è diventata un modello negativo. La democrazia è un sistema di parole, il modo migliore per ingannare la gente. Preferisco l’Isis…
Da Il Fatto Quotidiano del 30 agosto 2015