I numeri con cui la spedizione della Fidal torna dall’Oriente sono impietosi: dodici atleti su quindici impegnati in batterie e turni eliminatori non si sono qualificati. Perfino in Germania sei anni fa era andata meglio perché un numero maggiore di atleti era arrivato in finale
Niente da fare anche per Gianmarco Tamberi. Il ragazzo di Civitanova Marche si ferma a quota 2.29 chiudendo ottavo la finale del salto in alto. Era il grande atteso della vigilia dopo essere salito fino a 2.37 proprio – una misura da medaglia certa – alla vigilia dei mondiali di Pechino. Si chiude quindi nel peggiore dei modi l’avventura dell’atletica tricolore in Cina. Un disastro di proporzioni storiche.
L’Italia non aveva mai fatto peggio di così. Anche in Germania sei anni fa, pur senza medaglie, era andata meglio perché un numero maggiore di azzurri era arrivato in finale. I numeri con cui la spedizione della Fidal torna dall’Oriente sono invece impietosi. Dodici atleti su quindici impegnati in batterie e turni eliminatori non si sono qualificati. Tamberi è arrivato in finale perché ripescato, come Libania Grenot nei 400 metri. Un po’ meglio è andata a Gloria Hooper nei 200 metri femminili, qualificatasi in semifinale senza passare per i posti bonus. A conti fatti, il miglior risultato è stato il 4° posto di Ruggero Pertile nella maratona maschile. L’atleta veneto ha 41 anni. Dietro di lui sono da salvare il 5° posto di Antonella Palmisano nella 20 km di marcia e l’ottavo di Daniele Meucci sempre nella maratona maschile. Non hanno fatto male le staffette, comunque senza qualificarsi per la finale.
Si tratta solo di un momento negativo? Non proprio se si allarga lo sguardo alle recenti edizioni dei mondiali. Nelle ultime quattro l’Italia è salita sul podio appena due volte. È da Osaka 2007 che la truppa non rientra a Roma con un bottino cospicuo, ma la sofferenza era iniziata già due anni prima con una sola medaglia conquistata a Helsinki. A Pechino sono stati 42 i Paesi entrati nel medagliere. Ci sono Tajikistan e Uganda, ma il tricolore non è mai stato alzato sopra il Nido d’Uccello. E tra poco più di undici mesi iniziano i Giochi Olimpici.
La Federazione spera di recuperare gli assenti, tra le quali si annidano potenziali medaglie: da Alessia Trost nell’alto alla maratoneta Valeria Straneo fino ai triplisti Fabrizio Donato e Daniele Greco, reduce però da due infortuni (era necessario portarlo agli Europei lo scorso anno?) e quindi da rivedere in pedana dopo la grande speranza di sfondare il muro dei 18 metri. “Gli infortuni sono compagni di viaggio nell’atletica di alto livello. Donato ha acciacchi che si porta dietro da tempo e ha preferito rimettere a posto la carrozzeria per essere protagonista a Rio. Alcuni, soprattutto i giovani, devono capire come si infortunano. Federica Del Buono dovrebbe ricordare quali sono le indicazioni che la Federazione le aveva dato in primavera”, dice in maniera sibillina alla Rai il direttore tecnico Massimo Magnani a Rai Sport.
Le colpe della Fidal, però, sono tutte lì. La struttura tecnica è stata privata dei capi settori, una scelta che ha portato gli atleti a essere fin troppo liberi di organizzare la propria preparazione attraverso i loro allenatori, i quali devono solo coordinandosi con Magnani. E non basta il paravento degli ottimi risultati ottenuti a mondiali ed europei giovanili per nascondere una situazione disastrosa. “Abbiamo una generazione di giovani fantastica, dobbiamo metterli in condizione di crescere. Ci siamo riusciti, tranne che in questo momento. I risultati sono andati in controtendenza e dobbiamo capire perché. Mi assumo le mie responsabilità ma è necessario andare in fondo”, dice il presidente Alfio Giomi. Al di là dei risultati, la crisi è anche nei grandi numeri: l’Italia ha portato 30 atleti in gara (Marco Fassinotti ha rinunciato al salto in alto per un problema fisico, due dei 33 convocati sono le riserve delle staffette). Poi viene il discorso qualitativo: il miglior velocista azzurro, Jacques Riparelli, ha corso i 100 metri in 10.41. Solo in dodici sui 56 partecipanti alle batterie hanno fatto peggio. Il decatleta Ashton Eaton, neo-campione e primatista del mondo, ha chiuso in 10.23. Del resto lo certifica lo stesso Giomi: “E’ accaduto il peggio. Questa è la peggiore spedizione azzurra di sempre”. Risalire in fretta e presentarsi a Rio senza l’etichetta delle comparse resta impresa impossibile.