“Scendiamo nelle strade e nelle piazze, appartengono anche a noi, non solo ai proibizionisti”, afferma Sebastian Catella, un torero spagnolo che invita i colleghi a manifestare contro quella che ritiene, in una lettera ai principali media iberici, una persecuzione politica e ideologica contro la corrida. Secondo Catella si tratta di una tradizione che “non è di destra, né di sinistra”.

A pensarla come lui sono molti altri colleghi, tanto da annunciare una manifestazione per questo autunno, dopo la fine della stagione della corrida. Una scelta non solo dettata dal voler dare la possibilità di partecipare a tutti gli interessati, che prima sarebbero impegnati nelle arene spagnole, ma anche strategica: far valere le proprie ragioni prima delle elezioni politiche di fine anno. Inizialmente era stata ipotizzata per il 12 ottobre, festa nazionale spagnola, ma l’idea è poi stata scartata. “La data non è stata ancora fissata – conferma una fonte alle agenzie di stampa -, ma è praticamente sicuro che una manifestazione ci sarà”.

Il movimento contro la corrida negli ultimi anni in Spagna raccoglie sempre più adesioni, e spartiacque è divenuto il divieto alle corride in vigore in Catalogna nel 2012. I toreri si sentono ora minacciati dall’avanzata di Podemos, partito di sinistra dichiaratamente ostile alla tauromachia. Il “suo” sindaco Xulio Ferreiro, eletto primo cittadino a La Coruña in Galizia, ha deciso di annullare il tradizionale appuntamento della festa dei tori del 2015. E, complice anche la crisi economica, i numeri delle corride sono in calo: dalle 953 del 2007 alle 398 del 2014. Ma ad aggravare la situazione sono anche le vittime delle corse coi tori: sette morti in due mesi (solo questa estate), dieci dall’inizio dell’anno.

Ma il circus è anche un affare economico, oltre che culturale. Vale oltre 300 milioni di euro, mentre gli animali che vengono uccisi sono oltre 7mila. Per questo motivo, il presidente del governo, Mariano Rajoy, nel 2013 ha fatto approvare una legge in difesa delle feste taurine come eredità culturale del Paese. L’esponente conservatore ha inoltre ripristinato le corride in televisione e chiesto la tutela dell’Unesco per la tauromachia.

“Gli anti corrida ci sono sempre stati – conferma il banderillero Jesus Montez – ma ora dobbiamo soffrire molto di più. Vengono a provocarci”. E, raccontando di essere stato aggredito nell’albergo dove alloggiava prima di una corrida, rivendica: “Ci chiamano assassini. Ma noi facciamo cultura“. Tra politica e cultura, la Spagna deve decidere che scelta fare.

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