Il referendum britannico sulla permanenza nell’Unione Europa – annunciato dal primo ministro David Cameron e confermato dalla regina Elisabetta II entro la fine del 2017 – spaventa i produttori di auto. Che hanno investito nel Regno Unito negli ultimi anni, anche acquistando marchi in “saldo” (come Tata con Jaguar e Land Rover), e che temono le forti penalizzazioni legate alla possibile fine del commercio senza dazi con il Vecchio Continente. Contro il ventilato “Brexit” si erano già espressi alcuni esponenti dell’automotive d’Oltremanica, ma nelle scorse settimane si sono dichiarati allarmati anche quelli della Germania.
La paura serpeggia nei due più grossi mercati dell’UE, insieme 5,5 milioni di immatricolazioni di sole auto nel 2014, quasi il 45% del totale delle vendite nel Vecchio Continente. Una paura giustificata dai massicci investimenti di colossi come General Motors (che ha addirittura messo in competizione i siti tedeschi di Opel con quelli inglesi di Vauxhall per la produzione di alcuni modelli), Ford, Nissan, Honda, BMW (per Mini), Volkswagen (per Bentley), Tata e Toyota nel Regno Unito, inclusa la cinese Geely, che controlla Volvo, per fabbricare auto da destinare solo in parte al Regno Unito: l’80% della produzione è per l’export.
Nel 2000 Oltremanica venivano “sfornate” oltre 1,8 milioni di auto (già in calo di oltre l’8% rispetto al 1999), senza contare i veicoli commerciali. Nel 2008 erano 1,65 milioni fino al crollo dell’anno successivo, a poco più di un milione (-34%) con una perdita enorme quantificabile in posti di lavoro, entrate fiscali e volumi d’affari anche per l’indotto. Dopo le iniezioni di denaro per adeguare i siti, aumentare la produzione, lanciare nuovi modelli ed allestire centri di ricerca, sviluppo e design, la produzione ha ripreso quota attestandosi nel 2014 a quasi 1,6 milioni. Il settore è tornato a incidere parecchio sul PIL, complice anche la ripresa del mercato domestico (che cresce anche quest’anno), con un volume d’affari di 64 miliardi di sterline (87 miliardi di euro) e 160.000 occupati diretti e 770.000 in totale, indotto incluso.
L’isolamento è un rischio che non piace ai manager dell’auto. La Reuters ha riportato i risultati di un sondaggio tra i produttori che operano nel Regno Unito secondo il quale la quasi totalità, 92%, vede negativamente l‘uscita dall’UE. Il 70% degli intervistati non nasconde preoccupazioni circa i piani industriali dei rispettivi marchi. Steve Odell, ex numero uno di Ford in Europa, ha “vivamente consigliato” dalle colonne del Daily Telegraph “di non lasciare l’UE per motivi di business e per ragioni occupazionali nel Regno Unito”. Anche Nissan ha lanciato un appello affinché la nazione non abbandoni l’Unione.
Per la Germania, primo produttore europeo e terzo al mondo, il mercato britannico è il primo estero per le auto dal 2001, ha ufficializzato Matthias Wissmann, il presidente della VDA, l’associazione dei costruttori tedeschi: “Un quinto delle vetture fabbricate nel nostro paese e destinato all’export viene venduto lì”, ha dichiarato. La quota di mercato tedesca è del 52%: “Se si dovesse arrivare all’uscita del Regno Unito dell’UE ed a eventuali barriere doganali, sarebbe un duro colpo per l’industria tedesca dell’auto e per la Germania”, ha aggiunto. Per l’Italia e per FCA, che pure ha stabilito la sede fiscale del gruppo a Londra, il danno sembrerebbe limitato visto che la quota di mercato che detiene nel Regno Unito è inferiore al 3,5% (81.000 auto l’anno). Secondo un’analisi della Fondazione Bertelsmann e dell’Ifo Institut, l’addio all’Unione costerebbe carissima al Regno Unito: fino a 300 miliardi di euro.
Nella foto in alto, la produzione della Nissan Qashqai nell’impianto inglese di Sunderland.
Fatti a motore
Regno Unito, Case auto preoccupate dal referendum sull’UE: l’80% della produzione è per l’export
In Gran Bretagna si producono 1,6 milioni di auto l'anno. I costruttori che hanno investito lì temono l'uscita dall'Unione Europea. E la Germania teme un duro colpo per la sua industria
Il referendum britannico sulla permanenza nell’Unione Europa – annunciato dal primo ministro David Cameron e confermato dalla regina Elisabetta II entro la fine del 2017 – spaventa i produttori di auto. Che hanno investito nel Regno Unito negli ultimi anni, anche acquistando marchi in “saldo” (come Tata con Jaguar e Land Rover), e che temono le forti penalizzazioni legate alla possibile fine del commercio senza dazi con il Vecchio Continente. Contro il ventilato “Brexit” si erano già espressi alcuni esponenti dell’automotive d’Oltremanica, ma nelle scorse settimane si sono dichiarati allarmati anche quelli della Germania.
La paura serpeggia nei due più grossi mercati dell’UE, insieme 5,5 milioni di immatricolazioni di sole auto nel 2014, quasi il 45% del totale delle vendite nel Vecchio Continente. Una paura giustificata dai massicci investimenti di colossi come General Motors (che ha addirittura messo in competizione i siti tedeschi di Opel con quelli inglesi di Vauxhall per la produzione di alcuni modelli), Ford, Nissan, Honda, BMW (per Mini), Volkswagen (per Bentley), Tata e Toyota nel Regno Unito, inclusa la cinese Geely, che controlla Volvo, per fabbricare auto da destinare solo in parte al Regno Unito: l’80% della produzione è per l’export.
Nel 2000 Oltremanica venivano “sfornate” oltre 1,8 milioni di auto (già in calo di oltre l’8% rispetto al 1999), senza contare i veicoli commerciali. Nel 2008 erano 1,65 milioni fino al crollo dell’anno successivo, a poco più di un milione (-34%) con una perdita enorme quantificabile in posti di lavoro, entrate fiscali e volumi d’affari anche per l’indotto. Dopo le iniezioni di denaro per adeguare i siti, aumentare la produzione, lanciare nuovi modelli ed allestire centri di ricerca, sviluppo e design, la produzione ha ripreso quota attestandosi nel 2014 a quasi 1,6 milioni. Il settore è tornato a incidere parecchio sul PIL, complice anche la ripresa del mercato domestico (che cresce anche quest’anno), con un volume d’affari di 64 miliardi di sterline (87 miliardi di euro) e 160.000 occupati diretti e 770.000 in totale, indotto incluso.
L’isolamento è un rischio che non piace ai manager dell’auto. La Reuters ha riportato i risultati di un sondaggio tra i produttori che operano nel Regno Unito secondo il quale la quasi totalità, 92%, vede negativamente l‘uscita dall’UE. Il 70% degli intervistati non nasconde preoccupazioni circa i piani industriali dei rispettivi marchi. Steve Odell, ex numero uno di Ford in Europa, ha “vivamente consigliato” dalle colonne del Daily Telegraph “di non lasciare l’UE per motivi di business e per ragioni occupazionali nel Regno Unito”. Anche Nissan ha lanciato un appello affinché la nazione non abbandoni l’Unione.
Per la Germania, primo produttore europeo e terzo al mondo, il mercato britannico è il primo estero per le auto dal 2001, ha ufficializzato Matthias Wissmann, il presidente della VDA, l’associazione dei costruttori tedeschi: “Un quinto delle vetture fabbricate nel nostro paese e destinato all’export viene venduto lì”, ha dichiarato. La quota di mercato tedesca è del 52%: “Se si dovesse arrivare all’uscita del Regno Unito dell’UE ed a eventuali barriere doganali, sarebbe un duro colpo per l’industria tedesca dell’auto e per la Germania”, ha aggiunto. Per l’Italia e per FCA, che pure ha stabilito la sede fiscale del gruppo a Londra, il danno sembrerebbe limitato visto che la quota di mercato che detiene nel Regno Unito è inferiore al 3,5% (81.000 auto l’anno). Secondo un’analisi della Fondazione Bertelsmann e dell’Ifo Institut, l’addio all’Unione costerebbe carissima al Regno Unito: fino a 300 miliardi di euro.
Nella foto in alto, la produzione della Nissan Qashqai nell’impianto inglese di Sunderland.
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Damasco, 16 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Difesa siriano ha accusato domenica il gruppo libanese Hezbollah di aver rapito e ucciso tre soldati in Libano. Lo hanno riferito i media statali.
"Un gruppo della milizia di Hezbollah... ha rapito tre membri dell'esercito siriano al confine tra Siria e Libano... prima di portarli in territorio libanese ed eliminarli", ha affermato il ministero della Difesa, citato dall'agenzia di stampa Sana.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha dichiarato che un colpo d'arma da fuoco proveniente dal Libano ha colpito un veicolo all'interno di un centro residenziale nel nord di Israele. "Stamattina, uno sparo ha colpito un veicolo parcheggiato nella zona di Avivim. Non sono stati segnalati feriti. Lo sparo è molto probabilmente partito dal territorio libanese", ha affermato l'esercito in una dichiarazione. "Qualsiasi fuoco diretto verso Israele dal territorio libanese costituisce una palese violazione degli accordi tra Israele e Libano", ha aggiunto l'esercito.
Kiev, 16 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sostituito il capo di stato maggiore delle forze armate, con un decreto emesso oggi, mentre le truppe in prima linea di Kiev continuano ad essere in difficoltà. Secondo un comunicato, Anatoliy Bargylevych è stato sostituito da Andriy Gnatov, a cui "è stato affidato il compito di aumentare l'efficienza della gestione".
"È un combattente", ha detto Zelensky parlando di Gnatov. "Il suo compito è quello di apportare maggiore esperienza di combattimento, l'esperienza delle nostre brigate nella pianificazione delle operazioni, difensive e offensive, nonché uno sviluppo più attivo del sistema dei corpi d'armata", ha aggiunto. "Tutto ciò che le nostre brigate hanno imparato dalla guerra dovrebbe essere implementato al cento per cento a livello di pianificazione".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Un uomo di 45 anni è stato dato alle fiamme nel bel mezzo di Times Square, a New York, la scorsa notte. Lo ha riferito la polizia. Le immagini delle telecamere hanno immortalato il momento in cui l'uomo, a torso nudo e gravemente ustionato, è stato trasportato d'urgenza dalle autorità in ambulanza dopo che le fiamme erano state spente.
La polizia afferma che il 45enne è stato soccorso alle 4 del mattino ed è stato portato in un ospedale vicino in condizioni stabili. Il suo aggressore sarebbe fuggito dalla scena ed è ricercato dalle autorità. Non sono state in grado di dire se l'attacco fosse casuale o mirato.
Gli investigatori hanno riferito che l'uomo era stato cosparso con un liquido infiammabile prima che qualcuno appiccasse il fuoco. La vittima, avvolta dalle fiamme, si era messa poi a correre, quando qualcuno è uscito da un'auto e ha spento il fuoco con un estintore a polvere.
Skopje, 16 mar. (Adnkronos) - La Macedonia del Nord ha dichiarato un periodo di lutto nazionale di sette giorni per l'incendio in una discoteca che ha causato almeno 59 morti e decine di feriti, mentre le autorità hanno arrestato 15 persone per interrogarle e il ministro degli Interni ha affermato che un'ispezione preliminare ha rivelato che il club stava operando senza la licenza necessaria.
Al termine di una giornata in cui il piccolo Paese balcanico è stato alle prese con un disastro mai visto da decenni, il ministro degli Interni Panche Toshkovski ha dichiarato che il club nella città orientale di Kočani, dove si è verificato l'incendio prima dell'alba, sembrava operare illegalmente.
Più di 20 persone sono sotto inchiesta, 15 delle quali sono sotto custodia della polizia, mentre altri sospettati di coinvolgimento si trovano in ospedale, ha aggiunto Toshkovski. La maggior parte delle vittime dell'incendio, che ha devastato il nightclub Pulse durante un concerto hip-hop, erano adolescenti e giovani adulti. Circa 155 sono rimasti feriti, molti in modo grave.
Mosca, 16 mar. (Adnkronos) - Il desiderio della Gran Bretagna di rubare i beni russi è legato alla lunga tradizione inglese della pirateria, diventata un segno distintivo della corona britannica insieme a "rapine e omicidi". Lo ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.
"Questa è una delle tradizioni inglesi, come bere il tè e le corse di cavalli. Il fatto è che la pirateria è stata legalizzata in Inghilterra", ha scritto la diplomatica sul suo canale Telegram. "Ai pirati era proibito attaccare le navi inglesi, ma era loro permesso derubare le navi dei concorrenti. Moralità immorale".
Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - I media libanesi riferiscono di un morto in un attacco aereo israeliano nella città meridionale di Aainata. Ulteriori raid sono stati segnalati a Kafr Kila. Non ci sono commenti immediati da parte delle Idf.