Nonostante lo Stige di inchiostro versato dalla stampa e le accorate maratone radiotelevisive da Atene sulla crisi greca (con gli entusiasti aspiranti pifferai della brigata Kalimera poi ritiratisi mestamente a Capalbio) sugli schermi radar dei commentatori pare essere sfuggito un fatto macroscopico.
Un monumentale abuso contro almeno mezza dozzina di diritti fondamentali, che costituiscono l’essenza stessa dello Stato di diritto, nato proprio per limitare i poteri di chi comanda. Uno smembramento di principi basilari accettato dal parco buoi elettorale come normale accadimento o ineluttabile corso degli eventi. Solo qualche voce isolata ha colto il paradosso ma trattandola come faccenda circoscritta alla patologia di uno stato canaglia finito in bancarotta.
Invece le file ai bancomat nella Grecia syrizista dovrebbe conficcare nella testa di ognuno la consapevolezza che il diritto di proprietà sui risparmi depositati in banca si è dissolto. Nella realtà concreta un governo può decidere con un tratto di penna che i risparmi di una vita siano decurtati, inaccessibili o azzerati. Se dovessero servire fondi al governo per alimentare il calderone della spesa pubblica il Tesoro espropria quello che gli aggrada, come a Cipro l’anno scorso o come Giuliano Amato nel 1992. Senza colpo ferire e senza che Corti Costituzionali o altre istituzioni in teoria poste a garanzia dei diritti costituzionali si sognino minimamente di intervenire. Anzi ormai questi augusti consessi svolgono un ruolo per lo più di facciata (una foglia di fichetto), quando non di puntello per chi detiene il potere o al massimo il terreno per scontri tra bande e potentati di varia natura.
Detto in termini ancora più brutali, nel momento in cui si depositano i soldi in banca di fatto li si conferisce alle casse dello Stato o, per meglio dire, alle tasche di chi governa, concedendo ad essi di poterne disporre come meglio crede per i propri fini. Mettere una montagna di risorse a portata di mano di una classe politica ad alto tasso di illegalità, incalzata verso la deriva peronista da un sindacato che invoca quotidianamente la patrimoniale (cioè invoca di inglobare nella manomorta pubblica il bottino bancario), equivale a pompare una tentazione insopprimibile.
Vista in questa luce la lotta al contante con cui si alimenta la credulità della plebe telelobotomizzata assume tutt’altra motivazione. Piuttosto che strumento per la mitica lotta all’evasione fiscale, in realtà serve ad assicurare che nessuno sfugga alla tosatura o alla scuoiatura. Non siete convinti? Se voi prelevate contanti in banca venite segnalati alle cosiddette autorità competenti. Mentre i tipi alla Casamonica pagano cocchio, banda, parroco ed elicottero presumibilmente senza servirsi del Pos. E senza che a nessun funzionario dell’Agenzia della Entrate passi per il budoir del cervello di applicare redditometri a gente senza occupazione degna di nota, ma dal tenore di vita non esattamente monastico. Insomma non sembra che da quando siano stati posti limiti all’uso del contante (ormai dai tempi del governo Prodi) la lotta all’evasione abbia compiuto giganteschi progressi. In compenso nell’indifferenza generale è stato introdotto il bail-in.
Detto in parole povere se avete un deposito in banca, di quella banca siete anche proprietari. Proprietari un po’ particolari però, nel senso che se la banca fallisce pagate voi il conto con i vostri depositi (oltre un certo ammontare), mentre i profitti continueranno ad intascarli i manager e in subordine gli azionisti. A voi, se siete clienti affezionati, tocca un interesse dello 0,1% lordo.
Ma l’esproprio oggi, de lege, si limita ai conti in banca. Domani, se non bastasse, sappiate che anche gli altri risparmi, dai Bot ai fondi comuni, dalle azioni alle assicurazioni sulla vita, sono completamente smaterializzati, cioè sono dei bit su un supporto elettronico a cui il governo può accedere a sua discrezione come i feudatari agli averi dei servi della gleba.
Un altro aspetto comico di questa deriva totalitaria è la patetica irrilevanza dei sacri principi solennemente enunciati nelle Costituzioni. Per esempio quella italiana all’art. 15 garantisce l’inviolabilità delle comunicazioni personali. Quindi, oggi chiunque si azzardasse ad aprire la pubblicità della pizzeria di quartiere infilata nella cassetta postale rischia la galera, mentre un impiegato dell’Agenzia delle Entrate può sapere in tempo reale come spendete i vostri soldi, a chi li inviate, che tipo di affari conducete, dove viaggiate eccetera eccetera.
In sintesi, col lavaggio del cervello condotto a forza di baggianate sull’evasione fiscale e le ciarle sul terrorismo per il momento siamo tutti cornuti e spiati, in attesa di un destino da cornuti ed espropriati.