Un intero paese sottoposto a una strettissima sorveglianza e controllato da un sistema in grado di registrare chiamate e comunicazioni di tutti i cittadini. Sarebbe questa, secondo un rapporto pubblicato ieri da Privacy International, la situazione della Colombia. Il paese centramericano, impegnato da decenni in un conflitto con i ribelli delle FARC da una parte e il narcotraffico dall’altro, avrebbe messo a punto un sistema di controllo delle comunicazioni estremamente pervasivo il cui utilizzo, però, supererebbe in molti casi i limiti di legge. Leggendo il rapporto, ci si trova precipitati in una giungla di sistemi di sorveglianza e in una babele di sigle collegate ai vari soggetti (magistratura, polizia, servizi segreti ed esercito) che li gestiscono e che finiscono spesso in conflitto tra loro a causa di un uso troppo “disinvolto” degli strumenti investigativi.

I sistemi di sorveglianza attivi sarebbero almeno tre. Il primo è il Sistema Esperanza, sponsorizzato dalla statunitense DEA (il dipartimento anti-droga USA) e controllato dall’ufficio del Procura Generale della Colombia. Esperanza consente di intercettare qualsiasi comunicazione telefonica su linea fissa o mobile, teoricamente sulla base di un mandato specifico. Non mancano, però, le denunce riguardanti un uso “a tappeto” delle intercettazioni, in aperta violazione delle leggi colombiane in materia.

Il sistema PUMA (Plataforma Única de Monitoreo y Análisis) fa invece riferimento alla Direzione per le Investigazioni Criminali. Creato nel 2007, nel 2013 è stato potenziato (con un investimento di 28 milioni di dollari) per poter “coprire” anche il traffico internet, attingendo ai dati direttamente attraverso i provider che operano nel paese. Una funzione, questa, che avrebbe anche IRS, il Sistema di Registrazione Integrato che dipende dalla Direzione Centrale di Intelligence e che sarebbe in grado di registrare i dati di 100 milioni di chiamate al giorno e intercettare fino a 20 milioni di SMS. IRS, però, registrerebbe anche tutto il traffico Internet che passa lungo le dorsali sul territorio colombiano, analizzando il traffico per creare profili di singoli cittadini e mappare i loro contatti. Insomma: un sistema di schedatura su vasta scala che interesserebbe un gran numero di cittadini e il cui uso, stando all’indagine di Privacy International, viene fatto senza rispettare le procedure e le autorizzazioni previste dalla legge.

L’arsenale digitale a disposizione delle tante agenzie governative colombiane comprende anche il famigerato Remote Control System di Hacking Team, l’azienda italiana specializzata in software per lo spionaggio informatico e finita sotto i riflettori dopo aver subito un attacco da parte di un presunto hacker che ha pubblicato sul web email e altro materiale riservato della società.

Non è la prima volta che il governo colombiano viene accusato di abusare degli strumenti investigativi. Come ricordato da Privacy International, il tema delle intercettazioni aveva già sollevato polemiche nel 2002, quando si è scoperto che tra le 2000 utenze telefoniche controllate in chiave antiterrorismo c’erano anche quelle che facevano capo alle organizzazioni che rappresentavano i familiari dei desaparecidos. Nel 2007, invece, ben 11 generali sono stati allontanati in seguito allo scandalo legato alla sorveglianza illegale a cui erano sottoposti politici dell’opposizione, giornalisti, avvocati e attivisti politici. Un copione simile si è ripetuto nel 2009, arrivando (due anni dopo) allo smantellamento del DAS, i servizi segreti responsabili degli abusi.

Più recentemente, i quotidiani colombiani hanno reso pubblica l’attività di spionaggio portata avanti nel 2014 dall’esercito ai danni, questa volta, dei membri del governo impegnati nel negoziato di pace con le FARC.

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