Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Dopo la maximulta dell’Antitrust per aver frenato la concorrenza sull’Adsl, Telecom Italia rischia ora una sanzione del Garante delle comunicazioni (Agcom) per i ritardi nell’attivazione degli utenti in fibra ottica sulle nuove reti Fastweb e Vodafone. Secondo quanto riferito dal quotidiano La Repubblica, l’autorità guidata da Angelo Cardani ha rispedito al mittente il tentativo di mediazione di Telecom Italia seguito alla diffida dell’Agcom datata luglio 2014. A questo punto, l’autorità potrà decidere di multare Telecom con una sanzione che può arrivare fino al 10% del fatturato. Inoltre, potrà anche imporre all’ex monopolista pubblico il rispetto di alcuni paletti con lo scopo di ripristinare il corretto funzionamento del mercato. La decisione dell’autorità potrebbe arrivare nel giro di qualche settimana allungando il già salato conto della maxi-ammenda (103,7 milioni) comminata dall’Antitrust nel 2013 per comportamenti analoghi sulla rete in rame. Non solo: il dossier sulla fibra in mano all’Agcom potrebbe ben presto finire anche sul tavolo dell’autorità guidata da Giovanni Pitruzzella.
Intanto, parallelamente, l’Agcom ha inviato a Bruxelles la sua “analisi di mercato” in cui sono indicate le nuove regole che Telecom dovrà rispettare per garantire la parità di condizioni a tutti gli altri operatori. Sulla base delle norme esistenti, l’ex monopolista dovrebbe attivare le nuove utenze nel giro di una settimana, ma nel corso di quest’anno i termini sono stati sforati nel 50% dei casi con Fastweb e nel 20% con Vodafone. Inoltre, nel corso delle audizioni all’Agcom, gli operatori concorrenti avrebbero rilevato anche la perdita di nuovi clienti legata al fatto che Telecom respinge le nuove attivazioni anche senza comunicarne la ragione. Secondo gli operatori rivali, il gruppo guidato da Marco Patuano abusa della rendita di posizione che deriva dal monopolio sull’ultimo miglio, quello cioè che collega l’armadietto di strada alle case degli italiani. Per attivare una linea in fibra, al pari di quanto accade con il rame, gli operatori concorrenti sono infatti obbligati a transitare in parte sulla rete della Telecom che è restia a favorire gli altri operatori.
La questione è delicata ed è destinata a complicarsi ulteriormente con lo sviluppo del nuovo network a banda ultralarga dal momento che Telecom ha già vinto tutti i bandi per le aree a fallimento di mercato indetti dalla società pubblica Infratel. Inoltre Renzi ha appena svincolato 2,2 miliardi di fondi pubblici per cablare il Paese nelle regioni meno remunerative dove Telecom è avvantaggiata dal fatto di essere già proprietaria di una rete in rame che intende rivitalizzare.
Dal canto suo, il gruppo guidato da Marco Patuano si è detto da tempo disponibile ad introdurre “un sistema che dia maggiore soddisfazione agli operatori alternativi” secondo un piano condiviso con i regolatori da ultimare “entro l’anno”. Meglio, sarebbe stato se il governo avesse discusso a giugno il Decreto comunicazioni in cui sui fissavano le caratteristiche dei potenziali beneficiari di finanziamenti pubblici finalizzati alla realizzazione della banda ultralarga. Oltre agli incentivi per la fibra, la bozza di decreto condivisa da Mise e Cdp puntava infatti ad evitare la creazione di una posizione dominante nella banda ultralarga da parte di operatori che offrono servizi di telefonia. L’opzione avrebbe svantaggiato Telecom, ma avrebbe giocato a favore della concorrenza di cui avrebbero beneficiato tutti gli utenti.