“Affreschi, opere d’arte e rifiniture di altissimo pregio storico e architettonico. Soffitti in legno, camini monumentali e scale imponenti. Non può essere altrimenti per un palazzo che è passato attraverso secoli di storia e ha ospitato artisti, scultori, regnanti e politici. Centinaia di metri quadri eleganti e maestosi nel cuore di Firenze, a un passo da Santa Maria del Fiore, si affacciano sulla Cupola del Brunelleschi, tra via del Corso e Piazza Duomo. Palazzo Portinari rappresenta il più raffinato lusso fiorentino, non solo architettonico, ma soprattutto artistico e culturale”. Inizia così la descrizione di Palazzo Portinari Salviati nel sito della Sansedoni S.p.a, l’immobiliare controllata dalla Fondazione dei Paschi di Siena, oltre che partecipata dalla stessa banca, che ha acquisito nel 2008 i cinque piani del quattrocentesco palazzo storico.

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Pochi giorni fa la notizia, riportata dal Sole 24 Ore, che la Sansedoni, avendo deciso di disfarsi dell’immobile dove c’è l’agenzia del gruppo bancario senese e dove ha avuto sede fino al 2007 la Banca Toscana, ha incaricato l’advisor Jll di trovare un acquirente. Un nuovo passaggio di proprietà sembra insomma toccare in sorte al Palazzo che costituisce un elemento tutt’altro che trascurabile della storia di Firenze. Non solo un’architettura, testimonianza di diverse fasi della città, un monumento alla capacità di artisti straordinari, ma anche un luogo rappresentativo. Di più, identificativo. In una delle case che Folco Portinari aveva in quest’area e sulle quali nel corso del Quattrocento venne realizzato il Palazzo, nacque e visse la Beatrice dantesca. Nella seconda metà del Quattrocento un altro momento importante. L’acquisto da parte di Jacopo Salvati, marito di Lucrezia de’ Medici, che volle ampliare e riadattare ai tempi il Palazzo con l’aiuto di Giuliano da Sangallo. Nel secolo successivo l’intervento di Bramante Lazzeri chiude per così dire la storia edilizia del palazzo, dandogli le forme attuali. In compenso i passaggi di proprietà proseguirono. Nel 1768, con la vendita ai Ricciardi-Serguidi, nel 1870 alla Cassa di Risparmio, nel 1881 ai Padri Scolopi, e nel 1921 alla Banca di Credito Toscano, che poi diventerà Banca Toscana, successivamente nel gruppo Mps. Abitazione di personaggi celebri come Giovanni delle Bande Nere, Cosimo I di Toscana e persino un re. Federico IV di Danimarca. Ancora nel 1865 è stata sede del Ministero di Grazia e Giustizia.

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Ma questa è solo una parte di quel che rappresenta il Palazzo. Perché poi ci sono le opere d’arte. La circostanza che tutto questo sia nuovamente in vendita non può essere una buona notizia. Perché? Ma perché è noto come i palazzi storici ovunque e soprattutto nelle grandi città siano oggetto di attenzioni particolari da parte di immobiliaristi senza scrupoli.

La storia recente racconta di tanti casi di immobili di riconosciuto pregio e di inequivocabile valore trasformati. In tutto oppur in parte. Nel caso di Palazzo Portinati accade ben di peggio. Il progetto di riconversione già esiste. Da tempo. “E’ tutto pronto, il progetto e le autorizzazioni che prevedono una filiale bancaria, uffici e appartamenti di lusso. Ci sono il mutuo e i possibili acquirenti che realizzerebbero il piano. Ma i valori bassi di mercato ci inducono a riflettere se sia più conveniente operare direttamente che invece che valorizzare tramite la vendita”, spiegava Luca Bonechi, presidente della Sansedoni nel gennaio 2014. “Al piano terra, nella piastra commerciale, si è mantenuta la filiale di Banca Mps mentre ai piani superiori si procederà alla realizzazione di ca. 40 appartamenti. Nell’interrato saranno ricavati 47 posti auto” si legge tra gli esempi di operazioni dell’immobiliare.

Dunque chi metterà le mani sul Palazzo non dovrà avventurarsi in richieste di permessi ad Enti differenti. Tutto è pronto. Salvo il primo e il secondo piano, ma non gli altri. Gran parte dei circa 13mila mq diventerà “altro”. Il Palazzo che all’epoca dei Salviati custodiva opere di grandi artisti come Donatello, Verrocchio, Cellini, Andrea del Sarto, Bronzino e Correggio, conserva al suo interno importanti testimonianze dell’attività di Alessandro Allori, nella seconda metà del XVI secolo, e di Tommaso Gherardini, nella seconda metà del XVIII secolo.

E’ più che probabile che si salveranno il loggiato di uno dei cortili nei quali ci sono le Storie dell’Odissea dipinte da Allori così come gli affreschi nella cappellina dedicata a Santa Maria Maddalena, oltre a quelli con scene di Batracomiochia di una saletta. Sorte non dissimile anche per la Galleria con gli affreschi di Gherardini.

D’altra parte non potrebbe essere altrimenti. In tempi recenti si cerca spesso di conservare quel che non si può obliterare. Quel poco o tanto che sarebbe impopolare distruggere e/o nascondere. Molto meglio in questi casi sottolineare l’importanza del patrimonio artistico, di qualunque età e tipologia si tratti. L’importante è riutilizzare. Appartamenti soprattutto, ma anche uffici, magari garage. L’operazione immobiliare non deroga dalla monetizzazione. Accadrà così anche questa volta. E’ molto più che una certezza. E’ la consapevolezza che pur professandoci il Paese nel quale la ricchezza del patrimonio storico-archeologico è ineguagliata, continuiamo a vederne distruggere tante parti, rimanendo inermi. Protestando, se capita, troppo sommessamente. La possibilità che un monumento-simbolo, da tempo alienato alla fruizione pubblica, salvo episodiche visite, come quelle organizzate nel marzo 2013 dall’Associazione culturale Città nascosta e dal Fai, diventi proprietà suddivisa nei nuovi proprietari delle unità immobiliari molto più che un semplice rischio.

Per il palazzo, nell’elenco redatto nel 1901 dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti quale edificio monumentale da considerare patrimonio artistico nazionale, il futuro non sembra riservare belle sorprese. Per rendersene conto è sufficiente andare sul sito che pubblicizza la vendita degli appartamenti dove il Palazzo è descritto come “Una location unica, incastonata nel cuore di uno dei centri storici più amati al mondo e al centro della vita e della quotidianità cittadina. Esperienza unica e impagabile”.

Insomma la trasformazione sembra davvero essersi già pienamente compiuta. Ancora prima di quella edilizia. Da Luogo identificativo della città a spazio comune. Con una costante, le rappresentazioni dell’arte. Se non fosse che prima erano in equilibrato pendant con la funzione abitativa mentre ora ne risultano scollate. Tristemente decontestualizzate.

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