Claudia Arici, 28 anni, se n'è andata nel 2011. In Erasmus aveva conosciuto quello che sarebbe diventato suo marito, un ragazzo australiano. "Il trasferimento? Non è una scelta che ho ponderato a lungo. Mi sono solo detta: vado e vedo come mi trovo”. E ha ottenuto un contratto da ricercatrice all'università
“Quando ti si aprono le porte del mondo non puoi più fermarti”. Comincia così il racconto di Claudia Arici, nata a Milano 28 anni fa e trapiantata in Australia dal 2011. Prima Adelaide, ora Sydney. Ma il suo viaggio parte molto tempo fa: “Fin da piccola ho sempre voluto vivere e studiare all’estero, lo preferisco al semplice viaggiare da turista”. Ad aprirle gli occhi sul futuro è stato uno scambio culturale negli Stati Uniti durante la quarta superiore. Da quel giorno Claudia non si è più fermata e durante la triennale in Relazioni Internazionali è volata in Francia per fare l’Erasmus. Qui il suo destino s’incrocia per la prima volta con l’Australia: “Ho conosciuto un ragazzo australiano che studiava giurisprudenza – racconta a ilfattoquotidiano.it -, che da poco è diventato mio marito”.
Così, di ritorno dalla Francia, Claudia comincia a fare la spola con Adelaide, dove lui viveva, e durante la laurea specialistica decide di studiare lì per sette mesi. Poi, il trasferimento definitivo: “Non è una scelta che ho ponderato a lungo – ricorda –, mi sono solo detta: vado e vedo come mi trovo”. La ricerca del lavoro non è stata semplice: “Il visto vacanza-lavoro ti limita molto perché ti permette di lavorare solo per sei mesi con lo stesso datore”, spiega.
Per questo nei primi tempi Claudia si accontenta di lavori nella ristorazione e come insegnante di lingua e intanto racconta le sue avventure sul suo blog. Ma la ricerca resta il suo pallino. Così comincia a mandare curriculum alle università australiane. Il sì decisivo arriva proprio da Sidney: “Mi hanno offerto un posto da ricercatrice per tre anni sul tema della responsabilità penale dei bambini soldato, così io e il mio compagno ci siamo trasferiti”. Al contrario di quanto avviene in Italia, la borsa di studio prevista dalle università australiane è uno stipendio a tutti gli effetti: “Con quello che guadagno posso pagare il mutuo e sostenere il costo della vita, molto più alto di quello italiano – spiega -. E qui il dottorato non è visto come un impiego di serie b”.
Ora Claudia è al terzo anno e sta cominciando a guardarsi intorno: “Sto mandando domande di lavoro a varie organizzazioni internazionali – racconta – in base alle offerte valuterò con mio marito il prossimo passo da fare”. L’Italia, per ora, non è nei suoi piani: “Non sono una di quelle persone che dice non tornerò mai, però ci devono essere le condizioni giuste per farlo – spiega -. Se devo tornare per fare uno stage o per 500 euro al mese, mi dispiace, ma non ne vale la pena”.
D’altronde la vita in Australia offre alcuni innegabili vantaggi: “Qui tutto funziona meglio, dai mezzi pubblici alla burocrazia – ammette -, la vera differenza rispetto all’Italia è che c’è un grande senso civico: se qualcosa non va, la risolvono subito”. Ma a distanza di quattro anni rifarebbe la stessa scelta? “Assolutamente sì, ci vuole coraggio ad andarsene, ma oggi ce ne vuole anche tanto a restare”, ammette. Per questo ai giovani che vogliono lasciare l’Italia consiglia di fare un passo alla volta: “È importante conoscere il Paese in cui si vuole andare a vivere, quindi secondo me prima conviene visitarlo, in modo da farsi un’idea sullo stile di vita”. Poi, una volta presa la decisione definitiva, “andate – suggerisce Claudia – ma non vivete questo passo come l’esperienza della vita. E’ bello confrontarsi con altre culture e altre storie, ma non deve essere per forza un biglietto di sola andata”.