Ne torno a parlare qui perché, a partire dalla seconda metà di ottobre, la Scuola Holden di Torino dedicherà una serie di lezioni al tema, con un corso dal titolo “Songwriters. Canzoni e racconti” che vedrà nelle vesti di docente il cantautore Federico Sirianni.
Ora: la Holden è sicuramente una delle realtà più conosciute in Italia per la letteratura e Sirianni è – secondo chi scrive – uno dei nostri migliori artisti per ciò che riguarda la canzone d’autore, ed è in generale uno dei cantautori più “letterari”. Per tutti questi motivi mi è parso interessante approfondire la cosa. La domanda di partenza è poi sempre la stessa: in che modo la canzone d’autore può essere una forma di letteratura? Le risposte, spesso anche ben argomentate, sono a volte di segno completamente opposto. C’è chi dice che non ha senso dividere poesia e canzone perché sono sempre andate insieme; c’è chi crede che la musica – e le canzoni – siano una cosa e la letteratura, che musica non ha, un’altra. Personalmente penso che la poesia sia molto più vicina alla canzone che alla prosa. A sentire proprio Federico Sirianni, invece, canzone e letteratura sono quasi un’unica cosa: “Faccio molta fatica a muovermi tra le numerose categorie della scrittura perché, sin da quando ero molto giovane, letteratura, poesia e canzone si sono intrecciate parecchio nel mio percorso di crescita”.
A prescindere da questo però devo dire che secondo me il problema è un altro. A fronte del fatto che il rapporto tra musica e poesia sia stato molto indagato a livello accademico, lo è stato molto meno quello tra una forma d’arte come la canzone moderna – che non credo si possa catalogare come poesia o come musica tout court – e la musica o la poesia. In altre parole, si è restii di solito a riconoscere alla canzone dignità artistica autonoma: la canzone è considerata artisticamente solo in rapporto a qualcos’altro. Di conseguenza, fa fatica a entrare nell’accademia e a scuola. Sirianni però fa notare che “in realtà negli ultimi anni, sia pur marginalmente, la canzone è riuscita a far un poco breccia nei luoghi della didattica, mi viene in mente Vecchioni che ha portato in alcune università italiane i suoi corsi di poesia in musica. Il mio corso alla Holden parte da una serie di focus su alcuni tra i cantautori che hanno segnato una sorta di punto di non ritorno nella storia della musica, sull’analisi di certe canzoni, sul rapporto che hanno avuto proprio con la letteratura”.
Sotto questo punto di vista forse le cose cambiano: la strada giusta infatti credo sia quella che porta a considerare la canzone moderna come oggetto artistico esclusivo, con un suo carattere espressivo e una sua storia, con un suo canone; poi semmai ci si può occupare del suo rapporto con le arti “sorelle”, cioè letteratura e musica. E, allora sì, il rapporto diventa molto stimolante.
Da qui si potrebbe infatti capire che – come per sublimazione – Guccini è influenzato da Gozzano oltre che da Brassens, Vecchioni da Borges oltre che da Brel, De Gregori da Pasolini oltre che da Dylan, così com’è stretto il rapporto tra Goethe e Foscolo, Schopenhauer e Leopardi, D’Annunzio e Nietzsche o Proust e Bergson, pur nei diversi codici espressivi.
Sembra essere d’accordo anche Federico Sirianni: “Per quanto molti tuoi colleghi critici si siano sforzati di trovare dei riferimenti musicali, nel momento in cui si son presi la briga di recensire i miei dischi, i miei riferimenti sono invece quasi sempre letterari. Nelle mie canzoni è facile trovare citazioni, magari non immediate, da libri e autori che ho amato molto, cito tra i tantissimi Malcom Lowry o Tibor Fisher o Dino Campana o – perché no? – i profeti dell’Antico Testamento”.
Insomma: la canzone non è né musica né letteratura in senso stretto e classico, ma letteratura musicale che prende dall’una e dall’altra quel che le serve e, come una bella ragazza che ruba trucchi, gonne e cappelli alle sorelle – rigorosamente di nascosto –, spesso finisce per somigliar loro, e di loro ostenta con successo una certa parvenza, che sa le possa garantire avvenenza, ma con le proprie attitudini, col proprio fascino.