Sono divise da quasi 1.500 chilometri, Aosta e Polsi. Ma unite nella celebrazione di una liturgia che non ha solamente valenza religiosa. Ai piedi delle Alpi così come ai piedi dell’Aspromonte, oggi si celebra la messa per la Madonna del Santuario di Polsi, frazione di San Luca. Un rito religioso, ma che secondo i dettami della ‘ndrangheta ha una simbologia molto forte: qui si riuniscono i più importanti boss – della Calabria e non solo – per discutere questioni importanti, per ridisegnare gli assetti, per stabilire a tavolino un omicidio, come fu nel caso di Francesco Fortugno, vicepresidente del consiglio regionale della Calabria ucciso il 16 ottobre 2005.
In Valle d’Aosta – 127 mila abitanti, considerata una “isola felice” – la messa per la Madonna di Polsi è giunta una dozzina di anni fa. Tra i suoi promotori, Giuseppe Nirta. Le telecamere del telegiornale Rai locale lo riprendono, nel 2007, mentre assiste alla messa. L’anno successivo, ai microfoni dell’emittente, spiega: “Ogni anno scendo in Calabria per la Madonna di Polsi. Per me ha un significato molto importante”.
Per qualche anno, però, Giuseppe Nirta non ha potuto presenziare alla messa celebrata nella piccola chiesa di Sant’Anselmo (nella foto), ad Aosta, e neppure all’omologa calabrese. L’11 giugno 2009, infatti, è stato arrestato – insieme al fratello Domenico Nirta e ai nipoti Roberto e Franco Di Donato – con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti che ha interessato Italia, Spagna e Colombia. Secondo gli inquirenti, zii e nipoti apparivano “professionalmente dediti ad attività delittuose ed avevano stabili e molteplici collegamenti con ambienti criminali della ’ndrangheta calabrese”. Dopo aver scontato la pena di 8 anni e 7 mesi nella casa circondariale di Bologna, Nirta è stato scarcerato per fine pena il 12 dicembre 2014.
Nel frattempo, la sezione di misure di prevenzione del Tribunale di Torino ha emesso un provvedimento di confisca a suo carico: il patrimonio è cospicuo e diviso tra la Calabria e la Valle d’Aosta, dove per la prima volta si registra un provvedimento patrimoniale di questo genere. È lo stesso Nirta, dalle colonne di un settimanale locale, nella primavera di quest’anno a dichiarare che, per questo provvedimento, farò ricorso alla Corte europea, perché quel patrimonio “è frutto del sudore della fronte e di duro lavoro, come decoratore o negli alpeggi”.
E il parroco della chiesa dove si celebra la messa e dove per anni si è ospitata anche una statua della Madonna? Si chiama don Ivano Reboulaz, che agli organi di stampa locali ha dichiarato: “Ci sono aspetti geografici, devozionali, spirituali e socioculturali che trovano riscontro anche nei piccoli santuari dedicati alla Madonna nelle montagne della Valle d’Aosta”.
Non fa riferimento alla famiglia Nirta, alle condanne, alle confische. Nemmeno per rispetto dei veri fedeli che si recano alla Messa in segno di devozione alla Madonna.
*Marika Demaria è una giornalista di Narcomafie