Sebbene la Cancelliera d’Europa abbia rivolto un grande appello collettivo al suo popolo e agli Stati membri dell’Unione affinché prendano coscienza che il problema dei migranti va affrontato condividendo la responsabilità della tutela del riconoscimento del diritto d’asilo e che non si possa più lasciare soli i paesi in prima linea, come l’Italia, c’è ancora un grande assente nel dibattito comune europeo sulla migrazione.
Paradossale è che, sebbene attualmente vi sia un picco storico dei primi, il fenomeno nel suo complesso è certamente più ricco dei secondi. Una politica lungimirante dovrebbe pensare, parallelamente all’alleviare l’emergenza, a sviluppare quelle misure volte, come ben titola al suo interno l’Agenda sulla migrazione della Commissione Europea, ad andare oltre. Se è stata la Commissione nella propria proposta ad inserire un accenno a tali misure evidentemente è perché poteva spingere la barra in avanti rispetto alla necessità di pesare più attentamente le sensibilità politiche nazionali delle quali occorre tener conto per preservare l’equilibrio intergovernativo all’interno del Consiglio. La Merkel deve essere più cauta: se si fatica a trovare la disponibilità di tutti per le quote obbligatorie in materia di asilanti, figuriamoci per una politica di migrazione comune.
Altrettanto recente è anche l’invettiva della May contro i cosiddetti “benefit cheaters” in Inghilterra che insieme al muro ungherese e ai respingimenti di Ventimiglia, alle tensioni di Calais e alla notizia dell’ultima ora sulla probabile sospensione temporanea degli accordi di Shengen al Brennero non fanno certo ben sperare. Le vedute sembrano distanti e i consensi molto più dirimenti rispetto alla responsabilità della condivisione dell’accoglienza o alla dignità della persona umana, nei confronti di chi nega la quale – ricordiamo – la Merkel ha comunque espresso nessuna tolleranza. Degna di nota e insufficientemente contemplata sui nostri giornali è la richiesta necessaria e tassativa della Cancelliera che gli Stati Membri svolgano il lavoro preliminare di identificazione e registrazione dei richiedenti asilo, per effettuare i quali l’Europa si è impegnata a collaborare direttamente coinvolgendo soggetti e organizzazioni comunitarie in aiuto delle autorità nazionali. Un punto sul quale Berlino ha sempre insistito e sul quale sembra finalmente che Renzi intenda fare di più. Ricordiamo che la Germania, adoperando quel coraggio che la Merkel ha auspicato, ha sospeso il Regolamento di Dublino per accogliere interamente i rifugiati siriani.
Torniamo però al grande assente nel dibattito pubblico europeo sulla migrazione. Se ne trova appena traccia nell’agenda della Commissione Europea. Trattasi di un quadro chiaro e coerente per percorsi legali di entrata nell’Unione Europea attraverso sia la costruzione di un sistema comune ed efficiente di asilo che di un sistema di visti. Una nuova politica d’immigrazione comune fondata sul criterio delle necessità nel nostro mercato del lavoro. Insomma si tratterebbe di attrarre e far entrare i lavoratori con le competenze professionali di cui abbiamo bisogno. La famosa Carta Blu europea, sul modello di quella verde degli Stati Uniti d’America, nei prossimi anni andrà rivista e migliorata e in seguito sarà il sistema di concessione dei visti ad essere ridiscusso. Se la competenza su chi far entrare legalmente nel proprio paese rimane interamente in capo a ciascun Stato Membro, l’Unione Europea ha però il compito di osservare come questa facoltà di ciascuno si incontri con le necessità del mercato del lavoro europeo.
Nello specifico, la Commissione Europea lavorerà sulla creazione di un “sistema di espressione interesse” che servirebbe a selezionare inizialmente i potenziali migranti e a farli entrare solo una volta che abbiano già un posto di lavoro. Certo, parlare di un sistema del genere in un momento in cui molti paesi europei continuano a registrare tassi di disoccupazione molto alti sembra assurdo ma se non ragionassimo di pancia ci accorgeremmo bene che così non è e che presto o tardi sarà questo il serio dibattito che dovremo aprire a livello europeo se vogliamo non subire il fenomeno ma governarlo.