“Ero su una collina e stavo facendo delle foto. A un certo punto, sono arrivati dei soldati, mi hanno circondato, sono scivolato e mi sono saltati addosso, nonostante non avessi fatto assolutamente niente. Mi hanno accusato di aver tirato pietre. Poi hanno picchiato per tre volte”. E’ il drammatico racconto reso ai microfoni di Rai News da Vittorio Fera, l’attivista italiano di 31 anni arrestato venerdì scorso dall’esercito israeliano a Nabi Saleh, in Cisgiordania. Fera è stato rilasciato lunedì dal Tribunale di Gerusalemme su “cauzione ed un prolungamento delle indagini fino al prossimo 8 settembre”. “Mi hanno picchiato una prima volta quando mi hanno circondato in sette” – racconta l’attivista – “poi quando mi hanno portato via, dietro la Jeep, in modo che la gente non potesse vedermi. Mi hanno picchiato col calcio del fucile e dandomi calci e pugni. Quando sono arrivato alla base militare, mi hanno malmenato di nuovo, tenendomi per 6 ore legato e imbavagliato. Fermo, senza poter avere nessun diritto”. E aggiunge: “Sono stato poi portato alla stazione di Polizia dove ho potuto parlare solo una volta col mio avvocato e sono stato messo in una stanza fino al giorno dopo. Non mi hanno assolutamente concesso nessun diritto, neppure la possibilità di cambiare gli abiti”