Per gli abitanti della Striscia di Gaza si preannunciano tempi duri, almeno secondo l’Onu. Nell’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, si afferma infatti che se la situazione economica non cambierà entro il 2020, il territorio diventerà invivibile. Per la prima volta infatti dal 2006 il Pil è negativo e la condizioni socio-economiche sono le peggiori dal 1967.
Per le Nazioni Unite una delle cause principali di questa situazione è l’instabilità politica. Dagli accordi di Oslo (1993-1995) ad oggi nei periodi di maggiori tranquillità politica si sono registrati i trend economici più virtuosi. Nei periodi invece “più caldi” si è registrata una contrazione economica. in momenti più critici sono stati nel 2000, inizio della seconda Intifada, e negli ultimi sei in cui ci sono stati tre interventi militari.
A rendere la situazione ancora più difficile è il blocco economico degli ultimi otto anni. Dal 2007, infatti, l’esportazioni dalla Striscia di Gaza sono state vietate e si sono molto ristrette le importazioni e i trasferimenti di denaro. Inoltre le infrastrutture sono sempre più povere, in particolare quelle base, come elettricità e acqua potabile. Ma se le condizioni di vita per gli abitanti di Gaza peggiorano, diversa è la situazione nella West Bank, l’altra zona della Palestina, quella più ricca di risorse naturali.
In questo territorio vivono la maggior parte dei coloni israeliani, quadriplicati dagli accordi di Oslo. Nel 1995 il Pil della Striscia di Gaza e della West Bank non erano molto distanti. Oggi il Pil della zona abitata da israeliani è oltre il doppio di quello della Striscia. E all’orizzonte non sembra esserci un’inversione di tendenza.