Meno tredici e suona la prima campanella. Mamme, papà, state fermi: chiudete quel libro delle vacanze che avete in mano senza remore. Posate il quaderno ma soprattutto smettetela di pregare Marco di studiare almeno gli ultimi giorni; di aprire il libro almeno una settimana prima di andare in classe. Servirà a poco. Non mi ha mai appassionato studiare o fare i compiti per il maestro o il professore. Per mostrare al docente il quaderno riempito di espressioni e problemi risolti.
Forse non lo sapete, ma i compiti per le vacanze hanno clamorosamente fallito la loro missione dal momento che, secondo un indagine di Skuola.net fatta in questi giorni di fine estate, circa 9 studenti su 10 non li hanno finiti.
Addirittura tre su cinque del campione complessivo si sono fermati a metà oppure non li hanno proprio fatti. Vi dirò di più: il 46% di chi li ha svolti, anche se solo in parte, ammette di averli copiati grazie alla complicità del Web (54%) e degli amici e compagni di classe (31%).
Abbiamo almeno il coraggio di guardarci in faccia, noi educatori, e ammetterlo: così non va. Cos’è che non funziona? Perché i nostri ragazzi non amano trascorrere l’estate dedicandosi a ripassare quanto hanno appreso in classe? Come mai la maggior parte dei genitori trascorre le giornate post ferie con in mano “In viaggio con i numeri” o “Vacanze a colori” o ancora a tradurre versioni di Cicerone?
Proviamo ad approfondire: secondo Skuola.net, le materie che hanno creato più problemi quest’estate ai ragazzi sono italiano e matematica.
Uno studente su due racconta di aver avuto tra i due e i quattro libri da leggere sotto l’ombrellone e uno su cinque persino fino a otto libri da “far fuori” entro settembre. Pensare che la lettura diventi una costrizione e non un piacere è una bestemmia. Non serve insegnare a leggere ma il piacere di leggere.
Scrive Giusi Marchetta, in “Lettori si cresce” (Einaudi): “Per questo non basta più il libro per promuovere la lettura. Non basta andare nelle scuole a leggere, confidando nel potere della letteratura, nella sua innata e universalmente riconoscibile bellezza. Cosa dovrebbero apprezzare in un testo che non capiscono? Come possiamo pretendere che si godano l’ironia di alcune pagine quando nella loro vita non c’è traccia? Che si emozionino attraverso le parole quando sono sempre meno veicolo di emozione e sempre più codice che devi tradurre sforzandoti e, spesso, uscendone sconfitto? Siamo ingiusti se pensiamo di infliggere la lettura da un giorno all’altro, senza preparare questi lettori”.
Siamo ingiusti anche ad infliggere dei compiti che nessuno di noi docenti farebbe, soprattutto perché non saranno quei libri letti per obbligo e nemmeno quella cinquantina di esercizi di inglese a migliorare le competenze dei nostri ragazzi.
E allora domani chiudete questi libri per le vacanze.
Andate a farvi un’ultima partita a pallone con i vostri ragazzi, ancora una passeggiata sulla spiaggia. Godetevi un film con loro. Partite! Prendete i vostri figli e fate ancora un viaggio, ancora una tappa in una nuova città, alla scoperta di nuovi sapori, di altri sguardi, di altre lingue.
Se siete studenti, leggete ciò che vi piace. Andate ad un altro concerto. Uscite da casa, spegnete Facebook, ubriacatevi ancora una volta di questo tempo senza orari. Fate una versione in meno ma andate a vedere uno sbarco di immigrati, un volto.
Resta un solo compito da fare: al rientro in classe mostriamo agli insegnanti, ai nostri colleghi questi numeri ricordando che 9 studenti su 10 non li hanno fatti. Senza ipocrisia perché questo Paese sta morendo d’ipocrisia.
Non possiamo pensare ad una scuola che rattrista, che costringe. Amo pensare ad una scuola dove si impara divertendosi. Anche in vacanza.