Cinema

Festival Venezia 2015, le terribili verità di ‘Spotlight’ sullo scadalo pedofilia nella Chiesa americana: “Vorrei che Papa Francesco lo vedesse”

"La Chiesa Cattolica potrebbe guarire e lenire le ferite che ha provocato”. Sono lapidari quasi in coro Thomas McCarthy e Mark Ruffalo, regista e interprete principale di questa pellicola di forte impatto: “Quello che raccontiamo nel film è tutto vero, abbiamo seguito gli atti dell’inchiesta giornalistica del Globe. Sono resoconti completi, impossibili da negare”, spiegano ancora in conferenza stampa

“Vorrei che Papa Francesco, i vescovi, i cardinali, vedessero questo film. La Chiesa Cattolica potrebbe guarire e lenire le ferite che ha provocato”. Sono lapidari quasi in coro Thomas McCarthy e Mark Ruffalo, regista e interprete principale di Spotlight: film Fuori Concorso al 72esimo Festival di Venezia, interamente dedicato all’enorme scandalo di pedofilia e abusi sessuali che travolse la Chiesa Cattolica americana all’inizio del 2002, grazie agli articoli del Boston Globe. L’epicentro fu la diocesi di Boston, ma il terremoto si propagò in pochi mesi in tutto il Massachussets e in decine di altre città degli Stati Uniti, soprattutto tra vittime bianche e della costa Est. Basta far parlare il rullo finale dopo due ore di buon cinema che ricorda i grandi lavori di Sidney Lumet e Alan J. Pakula: 250 preti coinvolti, oltre 1000 vittime, 600 articoli pubblicati. In pratica dal 1976 a Boston il cardinali responsabili e la diocesi bostoniana hanno coperto ogni tipo di abuso sessuale commesso da preti soprattutto su ragazzini minorenni: prima trasferendo i “fratelli” scoperti in flagranza di reato, poi grazie alla propria posizione di potere istituzionalizzato in città ammorbidendo polizia, amministratori, famiglie dei ragazzi, direttori di giornali e uomini d’affari. Infine, stipulando un tacito accordo con diversi avvocati consenzienti per arrivare ad un rapido patteggiamento, poi occultato dagli archivi dei tribunali, oppure dissuadendo le famiglie spesso povere e indigenti a far causa alla diocesi visto che, come viene spiegato nel film l’immunità per un ente come la Chiesa prevedeva la prescrizione dei reati dopo tre anni e una pena massima per ogni vittima di soli 20mila dollari.

“Quello che raccontiamo nel film è tutto vero, abbiamo seguito gli atti dell’inchiesta giornalistica del Globe. Sono resoconti completi, impossibili da negare”, spiegano in conferenza stampa il regista e due degli attori del superbo cast, Mark Ruffalo e Stanley Tucci. Tanto che Spotlight – il titolo è mutuato dal pool di giornalisti del Globe rintanato in uno scantinato della redazione che si è occupato di indagini delicate fin dagli anni settanta – affonda lentamente il proprio incedere di ricerca storica, messa in scena mai sopra le righe, recitazione sublime tutta confronti a viso aperto e dialoghi a due, nel ventre molle dell’omissione benedetta. Un film dolorosissimo che scava negli abissi dell’intimo patimento più che nella sbandierabile indignazione. McCarthy usa spesso la parola “sopravvissuti” per le vittime degli abusi ecclesiali, parla di “abuso fisico ma anche spirituale, di tradimento della fede”: “i ragazzini, spesso di dieci-dodici anni, non sapevano che stavano confidandosi con i loro carnefici, si fidavano di quei preti, per loro come per le loro famiglie la religione cattolica in cui credevano contava moltissimo. Non avevo mai avuto particolare interesse sul tema della pedofilia dei preti cattolici a Boston, dopo aver girato il film ho cominciato a pensare quanto sia diabolico questo crimine su degli innocenti”.

Ad ogni angolo di Boston c’è una chiesa, un edificio che materialmente si staglia ad ogni chilometro di strada. Un potere fisico, un muro insormontabile che viene improvvisamente sgretolato dall’investigazione del pool giornalistico Spotlight. Se oggi a Boston molte di queste chiese sono chiuse, perché la diocesi ha dovuto pagare centinaia di vittime uscite allo scoperto e non ha più soldi per tenerle aperte, lo si deve a Michael Rezendes (Mark Ruffalo), Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams), Matt Carroll, e al capo del team d’inchiesta Walter Robinson, uno straordinario Micheal Keaton che sta rivivendo dopo Birdman una “terza” giovinezza. Chiaro però, anche dentro al cosiddetto quarto potere bostoniano qualcosa non quagliava da decenni. Solo la pervicacia dei membri del piccolo pool, e un direttore della testata – Marty Baron – proveniente da un’altra città, è stata decisiva per scardinare il silenzio che ha avvolto lo scandalo.

“Il team Spotlight per fortuna esiste ancora – spiega McCarthy – anche se il giornalismo d’inchiesta negli ultimi anni ha subito grossi tagli soprattutto per via di ridimensionamenti economici nei giornali. Spero che una stampa libera continui ad esistere sempre. E’ un principio basilare per la democrazia”. “E’ iniziata una nuova era per i media e l’informazione”, conclude Ruffalo, attore spesso impegnato in molte battaglie politiche negli Stati Uniti. “I lettori cercano sempre più credibilità nei giornali, soprattutto sul web. E poi esistono già i giornali del futuro, quelli che vivono finanziati direttamente dai loro lettori, che contribuiscono anche per singole grandi investigazioni poi da pubblicare”.