In Onda coinvolge grosso modo 700.000 spettatori medi, il 4% (più o meno) dell’intera platea televisiva, ed è sicuramente azzardato spaccarne lo share in quattro per dedurne chissà cosa su chi lo fa e chi lo guarda. Tuttavia quest’anno La7 ne ha collaudato due diverse edizioni: a luglio quella di Gianluigi Paragone e Francesca Barra, brava oltre che, ovviamente, graziosa, ma condannata a scomparire accanto al socio, collaudato neanderthal del video; ad agosto la coppia è cambiata e, alla faccia delle quote di genere, hanno condotto Tommaso Labate e David Parenzo, incredibilmente senza pestarsi i piedi (almeno a vederli da fuori, ma in tv è quanto basta).
Chi è andato meglio? A un primo sguardo la risposta è Paragone, perché nel suo mese di luglio ha rastrellato uno share medio (fra le 20.30 e le 21.15) del 3,9% rispetto ai successori che invece ad agosto hanno ottenuto il 3,8%. Ma scendendo un po’ più in profondità la sensazione è l’opposta. Già negli anni scorsi infatti La7 otteneva a luglio un dato superiore a quello di agosto e immaginiamo che ciò accadesse per ragioni “strutturali” e cioè per la circostanza che gli spettatori più colti e più ricchi, e quindi più interessati alla politica, ad agosto vanno di più in ferie e di conseguenza la platea televisiva si “popolarizza”, a tutto svantaggio di una rete “di opinione” come La7.
Se teniamo ferma questa osservazione e facciamo i confronti con il 2014 e il 2013 (anni nei quali si sono avvicendate diverse conduzioni) scopriamo allora che mentre il luglio con Paragone è disceso, di poco, ma è disceso, ed è rimasto lontano dal picco raggiunto nel 2013, l’agosto di Labate e Parenzo è andato meglio del 2014 e si è riavvicinato al dato del 2013. Scavando ancora scopriamo che Labate e Parenzo devono il piccolo successo all’attenzione suscitata in segmenti di pubblico popolare, quali le ragazze e signore “sognanti” o i giovani impegnati in lavori non gratificanti.
Ovviamente non possiamo non chiederci se esista un collegamento fra la diversità delle performance e la differente connotazione dei conduttori: da un lato Paragone col suo “condurre parteggiando”; dall’altro il taglio più “giornalistico”, sia pure unito alla spigliatezza formale, di Labate e Parenzo. Noi sospettiamo che il collegamento ci sia e che possa essere preso come un altro dei “segnali deboli” (insieme ad altri più forti come la crescita nei sondaggi di un M5S più “generalista”, per dirla in gergo televisivo) che stanno arrivando dal corpo elettorale a conferma della sua avanzatissima fuoruscita dai retaggi delle ideologie e, forse, anche da quelli del voto di scambio. Il che vorrebbe dire che la concorrenza elettorale prossima ventura sarà solo fra “partiti-nazione”, con la definitiva marginalizzazione dei “partiti-frazione”, felpa o non felpa, eschimo o non eschimo.