Abdullah al-Kurdi ha raccontato di aver provato altre volte a scappare. Il Canada gli offre accoglienza: "Non andrò. Porterò i corpi a Kobane e passerò lì il resto della mia vita". L'Onu: "Il mondo intero guardi alla crisi di rifugiati e migranti". L'Unicef: "Lo choc non basta, ora bisogna agire per evitare di dare la vita dei bambini in mano ai trafficanti"
Il padre di Aylan: “Ho tentato di salvare i miei ragazzi”
A parlare è anche il padre di Aylan e Galip, Abdullah al-Kurdi: “Ho tentato di salvare i miei ragazzi – racconta a Radio Rozana, stazione radiofonica vicina all’opposizione siriana – Li stringevo entrambi quando la barca si è capovolta, ma un’onda alta prima ha ucciso mio figlio più grande, Galip, e poi si è presa il più piccolo”. Anche Rehan, moglie di Abdullah e mamma dei due bambini, è morta. Abdullah ha spiegato che aveva provato a raggiungere l’Europa tante volte per scappare da Kobane, la città curda assediata lo scorso anno dai jihadisti dello Stato islamico: “Stavolta ero riuscito, con l’aiuto di mia sorella e mio padre, a mettere insieme 4mila euro per fare questo viaggio”. A metà della traversata, dice, la piccola imbarcazione di cinque metri sulla quale viaggiava con i suoi familiari è stata colpita da diverse onde. “Improvvisamente abbiamo visto il trafficante turco saltare in mare e ci hanno lasciati soli a lottare per le nostre vite. Sono rimasto tre ore in mare, fino all’arrivo della guardia costiera turca”. Le autorità turche hanno arrestato i 4 presunti scafisti.
“Il Canada aveva rifiutato il visto”
L’Ottawa Citizen, quotidiano canadese, sostiene che la zia di Ayalan, Teema Kurdi, attualmente viva nel paese nordamericano e abbia fatto diversi tentativi per far ottenere il visto a tutta la famiglia; la richiesta sarebbe stata rifiutata in giugno. Dopo quanto accaduto il governo canadese ha offerto ad Abdullah la possibilità di andare lì: “Dopo quanto è accaduto, non voglio andare. Porterò i corpi prima a Suruc, poi a Kobane. Passerò lì il resto della mia vita” – ha detto l’uomo – “Voglio che il mondo intero ci ascolti dalla Turchia, dove siamo arrivati fuggendo dalla guerra. Sto soffrendo tantissimo, faccio questa dichiarazione per evitare che la stessa cosa succeda ad altri”.
Il racconto della fotografa: “Ero pietrificata”
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