Nell’ambiente digitale è stato il caso dell’estate, al punto che ieri uno dei trending topic sulla piattaforma italiana è stato #TwitterStaMorendo: il tono dei tweet era in gran parte ironico, ma il problema indubbiamente esiste. Twitter, piattaforma di microblogging che insieme a Facebook simboleggia per antonomasia l’era dei social media, è in calo di utenti attivi. Da circa un anno diminuisce progressivamente, di mese in mese, il numero di persone che vi accedono e postano quotidianamente. E’ il segnale di un riflusso che riporterà in auge i media tradizionali? Ovviamente no, anche se la questione è ben articolata ed offre molteplici spunti di riflessione.
Uno di questi è senz’altro correlato al legame virtuoso che il social guidato da Jack Dorsey ha con il più rappresentativo dei mass-media del novecento, la televisione. Secondo un rapporto pubblicato il mese scorso da Brandwatch, leader mondiale nella social intelligence, la relazione privilegiata tra trasmissioni tv e cinguettii non segna affatto il passo, confermando anzi il notevole potenziale di interazione che esiste tra questi due ambienti mediatici. Anche perché se Twitter sta attraversando una fisiologica e superabile crisi di identità, la televisione vive invece una fase di transizione verso modelli di fruizione sempre più evoluti e legati alla connettività: transizione che non può attraversare da sola, senza confrontarsi attivamente con il nuovo ecosistema mediatico.
Il primo dato di rilievo del report di Brandwatch è la crescente abitudine delle persone a frequentare in contemporanea tv e social media. Il 32% dei telespettatori naviga sul web mentre guarda la tv; il 26% dei telespettatori è simultaneamente connesso ai propri account social. Percentuali che crescono rispettivamente al 42% e al 47% nella fascia dei cosiddetti millennials, gli under 25.
L’azienda di social intelligence ha monitorato 38 canali televisivi britannici e statunitensi. Sui social, nei mesi di giugno e luglio, i post degli utenti riguardo alla loro programmazione hanno generato ben 4 milioni e mezzo di conversazioni, la gran parte delle quali ha preso vita proprio su Twitter, dove gli utenti coinvolti nel monitoraggio ammontavano a circa un milione e mezzo, in gran parte donne. Secondo il rapporto, il 99% dei tweet riguardanti questa porzione di traffico è nato non grazie ai post dei brand televisivi, ma su esclusivo impulso degli utenti stessi: i quali, dai loro account, hanno commentato quanto visto in televisione e cercato l’interazione con gli account ufficiali dei canali tv.
Facendo una media tra conversazioni e aziende televisive monitorate, secondo Brandwatch la giornata tipo dell’account ufficiale di una tv su Twitter si aggira intorno a queste cifre: 26 tweet di propria iniziativa, poco più di 4 retweet in media e 3 risposte; cui corrisponderebbero, da parte della propria audience, circa 1938 menzioni, 440 retweet, 253 risposte. Numeri importanti, che per un canale televisivo si traducono non soltanto nell’opportunità di monitorare in tempo reale il volume delle conversazioni che lo riguardano, ma anche di fruire di una rappresentazione immediata della reazione del pubblico a film, serie tv, talk-show, tg, programmi di ogni tipo. Numeri che danno la possibilità di avere un’idea credibile, rapida, dell’interesse riscosso on-line dalla propria programmazione.
In più, il campione demografico dei follower sui social può fornire informazioni molto utili e del tutto gratuite ad autori televisivi e inserzionisti pubblicitari. L’avreste mai immaginato che molti avvocati su Twitter commentano Game of Thrones? Il report di Brandwatch lo rileva. Attraverso il monitoraggio dell’audience è possibile infatti comprendere come sia composto il pubblico social di una trasmissione per età, per genere e molto spesso anche per professione.
Naturalmente, i brand televisivi non stanno semplicemente a guardare. Molti dei canali tv monitorati dal rapporto hanno già una presenza Twitter consistente ed efficace: la gran parte degli account ufficiali, ad esempio, si mostrano particolarmente attivi nel primetime, ovvero tra le 9 e le 10, la fascia di punta della programmazione serale. E ci sono anche account, come ad esempio quello di Mtv, particolarmente solleciti nel rispondere nel più breve tempo possibile su Twitter, comportamento che gratifica e fidelizza ulteriormente la propria audience sui social.
L’elemento più interessante che emerge dal report non è però certo nella strategia social dei brand, quanto nelle potenzialità dell’interazione tra la tv e una piattaforma di microblogging come Twitter. Il passaggio dalla fruizione televisiva tradizionale a quella on-line sta ridisegnando i consumi: avere un canale di dialogo diretto, trasparente e immediato col proprio pubblico sta dando a chi fa televisione opportunità enormi per interagire con i propri utenti, monitorarne i comportamenti, conoscerne le opinioni e sulla base di tutto questo ricalibrare poi i propri contenuti. Ammesso e non concesso che Twitter stia davvero morendo, la tv dovrebbe fare di tutto per salvarlo.