UniCredit si prepara a tagliare almeno altri 10mila posti, pari a quasi l’8% della forza lavoro. Lo scrive l’agenzia Bloomberg, secondo cui la sforbiciata fa parte del nuovo piano strategico al 2018, che è stato reso noto l’anno scorso ma ora è in fase di ritocco. All’inizio di agosto l’amministratore delegato Federico Ghizzoni aveva anticipato di essere “al lavoro per identificare una serie di nuove azioni di taglio dei costi e di rafforzamento del business finalizzate a sostenere la redditività e a rafforzare il capitale”, che verranno presentate nella seconda metà dell’anno.
Secondo Bloomberg, 2.700 posizioni rientrano nel piano di riduzione del personale annunciato nel 2014 e la maggior parte delle riduzioni di personale in Italia potrebbe avvenire attraverso pensionamenti. I tagli dovrebbero probabilmente coinvolgere, oltre alla Penisola, la Germania e l’Austria, e puntano a “eliminare i doppioni, ridimensionare le filiali e migliorare l’efficienza”. I numeri sono comunque ancora in fase di revisione e potrebbero cambiare. Il portavoce del gruppo non ha voluto commentare, mentre Ghizzoni si è limitato a dire che “non è il momento di parlare perché non abbiamo noi stessi numeri concreti. Stiamo lavorando, è tutto work in progress”.
Nel 2014, dopo aver chiuso l’esercizio precedente con 14 miliardi di rosso, la banca ha annunciato una riduzione dei dipendenti di 8.500 unità. E la scure non si è fermata nemmeno quest’anno, nonostante nel frattempo sia tornata all’utile per 2 miliardi. Di fatto l’emorragia di posti di lavoro prosegue ininterrotta fin dal 2008, l’anno in cui dalla fusione tra Unicredito italiano e Capitalia è nato ufficialmente il gruppo Unicredit. Stando al bilancio di quell’esercizio, all’epoca i dipendenti a livello mondiale erano 174mila, di cui 77.420 in Italia, e le filiali oltre 10.200, metà delle quali nella Penisola. A distanza di sette anni, il saldo è di oltre 46.500 posti persi. Il consolidato 2014 attesta infatti che i lavoratori rimasti in organico sono 129.021, mentre gli sportelli superstiti ammontano a 7.121, di cui solo 4mila in Italia.