Nella giornata di ieri sono stato interpellato da varie emittenti radio e televisive sulla delicata questione delle foto del bimbo siriano morto sulla spiaggia. Si voleva la mia opinione, in qualità di docente di informazione, sulla legittimità della pubblicazione di quelle foto con tanta evidenza. Poiché nelle interviste e nei dibattiti è sempre difficile esprimere compiutamente e in profondità la propria posizione, la riformulo qui, aggiornata anche sulla scorta di alcune reazioni riportate oggi dai quotidiani.
Dunque, tanto per non girarci troppo intorno, ribadisco che la presenza di quelle foto sulle prime pagine dei giornali era più che legittima, opportuna e importante. Benché io sia di solito avverso a ogni forma di sensazionalismo e pensi che spesso quello che viene spacciato per un salutare “pugno nello stomaco” sia in realtà una scelta un po’ furbetta per produrre emozioni superficiali a cui non seguono adeguate riflessioni, in questo caso non vedo questi pericoli e queste ambiguità.
Mi spiego: quello che deve discriminare la scelta della pubblicazione o della messa in onda di un testo, di un’immagine, di una sequenza è il suo valore informativo. Se dice qualcosa, se aggiunge informazioni, conoscenze riguardo all’argomento trattato si deve pubblicare, se fa solo spettacolo dico di no. Ebbene quelle terribili immagini, il bimbo disteso sulla sabbia che sembra dormire, il militare che lo porta via sulle sue braccia, ancor più terribili perché a un primo impatto possono anche sembrare di senso diverso (un salvataggio, il sonno di un bambino sfinito), di cose ne dicono e importanti. Non cose che non sappiamo, ma che rischiamo di dimenticare.
Subissati dalle chiacchiere, distratti dalle cifre gonfiate o assottigliate a seconda della convenienza, sommersi da balle spaziali spacciate per soluzioni politiche, esposti alle letture in politichese del problema e al protagonismo degli arruffapopolo, rischiamo continuamente di perdere di vista il cuore di questa vicenda e di questa questione, che è questione di vita o di morte (e non è un modo di dire). Ecco, quelle foto hanno la terribile capacità, propria delle immagini tragiche nel vero senso della parola, di riportarci all’essenza del problema facendo, in un attimo, piazza pulita di tutte le banalità e le strumentalizzazioni di cui molti lo hanno sommerso. Per questo, per questo loro potere di squarciare il velo che nasconde la verità, è giusto che tutti le vedano.
Certo, poi, di fronte alla straordinaria potenza di queste immagini accadano anche le cose più imprevedibili e discutibili, ma non prive di significato. Il fatto che il primo ministro inglese Cameron, dopo aver visto le foto ed esserne stato colpito, da padre, cambi linea sull’immigrazione, la dice lunga. I governanti, se tali sono, dovrebbero, per natura e funzione, conoscere l’entità e la natura dei problemi prima che l’informazione costruisca le opinioni e i sentimenti della cittadinanza. Dopo sono capaci tutti e questo regolarsi di conseguenza non fa che confermare un’ipotesi molto preoccupante: che in Europa al governo di grandi Paesi ci siano uomini qualunque.