Non sono un patito del cinema del regista russo Alexandr Sokurov, nel senso che non credo di avere visto tutti i suoi film e di quelli che ho visto non tutti mi hanno entusiasmato. Ma ‘Francofonia‘, che qui alla Mostra di Venezia è in concorso, mi ha conquistato. Mi sono fatto prendere per mano e condurre in uno strano film, a tratti divertente, a tratti misterioso, a tratti oscuro, a tratti fin troppo didascalico, che ho vissuto come un grande inno all’importanza dell’arte intesa come collante di una comunità e come spinta a combattere per proteggerla.
Francofonia non è semplicemente un film sul Louvre durante l’occupazione tedesca: è un film sulla costruzione di un film, è un film sulla difficoltà di essere europei, è un film sulla follia di alcuni uomini potenti che hanno segnato la storia degli ultimi due secoli. Ma è anche un film sui valori dell’ultima vera rivoluzione avvenuta in Europa.
In un concorso di molti autori giovani, è straordinario che un autore maturo, anagraficamente anziano, ci abbia regalato un film che osa contaminare tra loro tre o quattro generi di narrativa cinematografica, realizzando un’opera molto distante dalla sua precedente, Faust, che vinse il Leone d’oro. Credo che Sokurov regista con questo film ci dica ancora una volta che il vero artista non si debba fermare mai, che debba andare sempre avanti, alla ricerca di nuove forme espressive, di nuovi modi di raccontare storie, anche quelle già sentite. Il cinema in fondo dovrebbe essere questo. Sempre.