Apprendiamo che l’’Eni avrebbe deciso di chiudere la vicenda legale contro la Rai, Milena Gabanelli e la trasmissione Report. Cadrebbe così anche la “richiesta temeraria” di 25 milioni di euro di risarcimento. La denuncia era stata presentata dopo la trasmissione di una inchiesta condotta da “Report” con il rigore e la perizia professionale di sempre.
Non casualmente contro “Report” sono state presentate decine e decine di denunce, tutte – salvo una – concluse con il riconoscimento del prevalere dell’interesse pubblico, del diritto dei cittadini ad essere informati, della serietà del lavoro condotto e della molteplicità delle fonti consultate.
Se invece di minacciare e querelare i potenti di turno avessero avuto l’avvertenza di guardare e di ascoltare, forse molte “terre di mezzo” sarebbero state scoperte prima e il denaro pubblico non sarebbe stato sprecato o rubato.
Il ritiro della querela da parte dell’Eni è una buona notizia e speriamo possa essere seguito anche dai tanti che continuano ad usare le “querele temerarie” come strumento di intimidazione preventiva nei confronti di quei cronisti e di quei giornali che non hanno intenzione di rinunciare ad illuminare le terre delle mafie e del malaffare.
Ci sembra giusto, tuttavia ringraziare le oltre 135 mila persone che, anche tramite Il Fatto, hanno sottoscritto sulla piattaforma di Change.org, la petizione lanciata da Articolo 21 e dal suo direttore Stefano Corradino.
Le loro firme furono portate alle Autorità di garanzia e alla presidente Laura Boldrini.
L’appello, tuttavia, oltre ad esprimere solidarietà a Report e a chiedere il ritiro della denuncia, si proponeva anche di ottenere una norma a tutela dei cronisti contro l’uso e l’abuso delle querele temerarie; una norma capace di colpire il molestatore nelle tasche e di costringerlo a sborsare, in caso di ritiro o di sconfitta, almeno la metà della somma richiesta.
Per ora questa norma ancora non c’è. Tra breve il Senato dovrà esaminare, in ultima lettura, il testo sulla diffamazione, sarà l’ultima occasione per farlo.
In questi giorni molti politici hanno espresso solidarietà ai tanto cronisti minacciati da Lirio Abbate a Federica Angeli, da Nello Trocchia a Paolo Borrometti, per fare solo qualche nome. Adesso è giunto il momento di passare dalle parole ai fatti e di approvare una norma che punisca non solo chi minaccia i cronisti, ma, anche e soprattutto, chi insidia l’articolo 21 della Costituzione e ostacola il diritto di cronaca.