Stamattina sul Corriere della Sera a pag. 43 leggo il racconto di Costa inerente la storia del papà separato. Una favola buona da raccontare ai bimbi prima di farli addormentare dolcemente. Una favola di Natale in anticipo di qualche mese. Uno stucchevole e mieloso racconto intriso di politically correct che guida oramai questo (celebre, un tempo) giornale.
In sintesi il racconto garbato: l’uomo (padre di due bimbi di 5 e 7 anni) si separa per esclusiva volontà della donna (madre) che d’acchito gli comunica la fine della relazione. In breve egli deve abbandonare la casa ma trova subito, grazie al sostegno di amici e parenti, un bilocale dove proseguire la sua esistenza. Cessa infatti di essere marito ma persegue serenamente le funzioni di padre. Segue l’affidamento condiviso reale al 50% statuito dal tribunale ed il racconto di quanto egli si dedichi poi amorevolmente a fare da padre. Nonchè la piacevole sorpresa dei figli nell’inedito percorso con le nuove persone che si accompagnino al padre e alla madre.
La commozione non stravolge i lettori solo perché il racconto è talmente sterile, asettico, schematico e robotico che narcotizza qualsivoglia sentimento. Sarà forse il racconto di un androide? Il dubbio sovviene. Ora, la mia esperienza racconta che nella casistica tale favoletta la si rinviene nel 10% dei casi. Per carità, merita tutta l’attenzione. Ma non è che i lettori (ovviamente non parte attiva in una separazione) poi potrebbero convincersi che il racconto rispecchi la normalità? Il dubbio risovviene.
Nella media invece le separazioni si rivelano spesso conflittuali ed in molti casi ‘altamente conflittuali’ per vari motivi, spesso riconducibili al solo comportamento di uno dei due separandi (alle volte di entrambi), che conduce l’altro a dover reagire a condotte gravi e illecite ovvero a dover subire passivamente. Il reale motivo del contendere è quasi sempre di natura economica (casa, mantenimento, beni di valore etc.), spesso ben celato. Assai frequente intriso al malsano sentimento di vendetta. I figli divengono spesso strumento contundente per attentare alla incolumità (psicofisica ed economica) dell’altro separando.
La separazione diviene dunque un ring dove è ammesso ogni colpo ed ogni tecnica, come ben celebrato nel film “La guerra dei Roses”. Una situazione tragicomica che può divenire devastante per le parti in causa (separandi e figli), nonché per i parenti ed affini (amici, nuovi compagni) travolti da tutto ciò, per anni (a volte anche sino a 10 e più).
Si consumano così gravi danni esistenziali e si perpetuano condotte illecite che giungono a disintegrare diritti fondamentali: il diritto alla bigenitorialità dei figli e il superdiritto alla genitorialità dei genitori, coperto costituzionalmente dagli artt. 2 e 29 Cost.
Salvo poi guardarsi indietro, magari nella terza età, e comprendere amaramente che tutto ciò non ha avuto alcun senso se non quello di bruciare vite intere.
Come impedire tutto ciò? Partiamo da una banalità. Se due persone sono equilibrate e responsabili sapranno gestire la separazione in modo “civile”. Purtroppo assai spesso non è così, vuoi perché non lo sono entrambe vuoi perché è sufficiente che non lo sia uno dei due, così da realizzare lo schema vittima/carnefice.
In tali casi patologici (la maggior parte) occorre dunque che:
1) il conflitto sia immediatamente gestito (e stroncato) da soggetti di straordinaria esperienza, capacità e onestà intellettuale (consulenti, avvocati, mediatori, magistrati e solo in extrema ratio assistenti sociali). Se così non è tali soggetti aggraveranno il conflitto;
2) le regole siano eguali per tutti, a prescindere dal sesso e così in Italia non è, ove si consideri che alla donna/madre vengono attribuiti superpoteri (casa anche se di proprietà esclusiva dell’uomo/padre; mantenimento anche non in caso di bisogno e senza rendicontazione alcuna per sé e per i figli; collocazione dei figli al 90%, salvo casi eccezionali) mentre in tanti paesi Europei non è così (Olanda, Svezia, Danimarca, Islanda etc.);
3) chi compie illeciti ne risponda civilmente e penalmente [penso a: sottrazione dei figli che in Italia si conclude dapprima con un buffetto e poi con la cristallizzazione della sottrazione per provvedimento giudiziario (oramai vive là da tanto…), che neppure Kafka avrebbe potuto immaginare; omesso mantenimento dei minori quando si è in condizione di farlo; inadempimento dei doveri genitoriali].
La discrezionalità della giurisprudenza e le spregevoli prassi inventate di sana pianta, tali da stravolgere la ratio legis, unitamente a chi vuole trarre profitto dai conflitti familiari, sono i maggiori artefici di tale disastro. E nel disastro, credetemi, i carnefici ancor di più seviziano le vittime, contando non solo sull’impunità ma anche sulla legittimazione di condotte aberranti.