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Migranti, perché alcuni Paesi non vogliono le quote Ue

I Paesi dell’Est Europa sono uniti nel dire No alle quote di ripartizione dei migranti proposte da Bruxelles per una sola ragione: evitare il precedente che sancirebbe definitivamente l’immigrazione come questione europea e non come una grana nazionale.

L’afflusso massiccio di migranti in Ungheria – come i continui sbarchi a Lampedusa – evidenzia inequivocabilmente l’inadeguatezza dell’attuale sistema europeo di gestione della questione immigrazione e l’utopia dei governi nazionali di poter fare da soli. Come dicono giustamente da anni i governi di Italia e Grecia, i migranti che arrivano dal Mediterraneo – e in questi giorni soprattutto dai Balcani – non sono un problema solo per il Paese di arrivo ma per tutta l’Europa anche e soprattutto perché la maggior parte dei migranti vuole andare dove c’è lavoro, ovvero nel Nord Europa.

La Commissione europea ha provato nei mesi scorsi a proporre un sistema di quote obbligatorio di ripartizione dei migranti, un numero molto basso, sicuramente non risolutivo del problema ma che avrebbe sancito il diritto di Bruxelles – ovvero della comunità europea – ad intervenire nella questione obbligando i governi nazionali a condividere la responsabilità di dare una risposta non egoista ma solidale a questa tragedia umana.

Ecco perché oggi i governi dei Paesi dell’Est si stanno compattando per dire No e mantenere la propria sovranità sull’immigrazione: insomma, appartenere all’Ue va bene quando c’è da prendere i fondi strutturale e di coesione – milioni di fondi Ue utilizzati da Paesi come Polonia, Ungheria e Romania per infrastrutture a latri progetti – ma non quando c’è da condividere le difficoltà di Paesi come Italia e Grecia che accolgono da sempre e a spese proprie migliaia di disperati e di Paesi come Germania e Regno Unito che offrono asilo politico a centinaia di migliaia di profughi.

Populisti e nazionalisti non hanno perso occasione di scagliarsi contro l’Europa per la mancanza di solidarietà dimostrata, vedendo bene, per ignoranza o malizia, di omettere che la causa sono certi governi nazionali e non le istituzioni europee che da mesi spingono, nei limiti dei poteri conferiti loro dalla legge, per una soluzione condivisa. La mancanza di responsabilità e di lungimiranza politica nell’immigrazione – così come nella politica estera ad esempio nell’area mediterranea, anch’essa ancora in balia delle inefficaci e sparpagliate politiche nazionali – sta infilando l’intera Europa in un vicolo cieco che non solo non porterà a nessuna soluzione concreta ma rischia di far implodere l’intero progetto di integrazione europea. Se così fosse i Paesi ai confini dell’Europa, come Italia e Ungheria, si troveranno a gestire da soli l’arrivo di migliaia, forse milioni di profughi. Allora bisognerà decidere se accoglierli e tenerli tutti – perché le frontiere con gli altri Paesi europei saranno chiuse e recintate – oppure farli morire in mare o fuori dal muro. A voi la scelta.

@AlessioPisano

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