L'edificio che ospita la casa circondariale Cà del Ferro è stato consegnato solo due anni fa ma si sta rivelando un colabrodo: gli infissi delle celle si staccano, la videosorveglianza non funziona. Al posto dei garage una chiesa (inagibile), la pompa per i vigili del fuoco è montata al contrario, il malfunzionamento dell'impianto di sollevamento acque alla il piano interrato. Le denunce del delegato provinciale Cgil penitenziaria
Un padiglione detentivo costato 3 milioni di euro, consegnato a ottobre 2013, per un periodo di tempo inutilizzato in gran parte, e tutt’ora con gravi e persistenti carenze strutturali e non completamente agibile. E questa è solo una delle questioni aperte relative alla casa circondariale di Cà del Ferro, a Cremona. La denuncia arriva da Salvatore Castelli, delegato provinciale Cgil penitenziaria. “La nuova struttura, progettata malissimo, è uno spreco di denaro. Ad ogni piè sospinto si deve ricorrere alle finanze pubbliche per mettere toppe”.
Infiltrazione dai tetti (“periodiche, che vengono solo via via tamponate”), malfunzionamento dei cancelli, celle con infissi che si dissaldano e che non si chiudono meccanicamente ma solo manualmente, impianti di videosorveglianza malfunzionamenti al piano terra e al quarto piano, col risultato che dalla centrale operativa non si riesce a controllare gli spostamenti dei detenuti, sono gli aspetti al centro dell’analisi del sindacalista, che stigmatizza altresì la mancanza della previsione, in fase di progettazione, di un locale adibito a lavanderia.
“Una situazione da terzo mondo se si pensa che alla prima nevicata significativa rischiava di crollare la pensilina di ingresso al nuovo padiglione”. Una struttura che genera problemi con frequenza disarmante, afferma Castelli. Gli ultimi in ordini cronologico: la scoperta dell’attacco dell’idrante dei vigili del fuoco con la pompa costruita e montata al contrario e il malfunzionamento – notizia di pochi giorni fa – dell’impianto di sollevamento acque, anch’esso da addebitare alla progettazione dei lavori, che causa l’allagamento del piano interrato.
Una parte di questi locali, previsti originariamente per il ricovero degli automezzi della polizia penitenziaria, sono stati trasformati in corso d’opera in una chiesa/cappella che di recente è stata dichiarata inagibile perché non rispetta le normative circa l’altezza del soffitto (“anche in questo caso soldi spesi inutilmente per arredi, contro soffittatura e per gli impianti di climatizzazione”). La chiesa non poteva nemmeno essere progettata perchè non rispettosa della normativa vigente.
Il sindacalista non nega la ‘comodità’, si fa per dire, delle celle, quanto a larghezza, ma ciò che manca, sostiene, “sono gli spazi per le attività comuni, come la palestra, importanti per tenere impegnati i detenuti in diverse attività, da quelle ricreative a quelle lavorative”. Motivo per cui spesso la tensione tra i carcerati, in maggioranza stranieri, sfocia in eventi critici: aggressioni tra detenuti e nei confronti del personale di polizia penitenziaria, come successo a più riprese ad inizio estate.
Altra questione, la scelta del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) di optare per la sorveglianza dinamica – in ossequio alle condanne e ai richiami della Corte di Strasburgo sui diritti dei detenuti – ossia celle aperte per parecchie ore del giorno. Col risultato che spesso un agente si trova a dover badare anche ad una cinquantina di detenuti, con tutti i rischi del caso. Dopo le ripetute ispezioni avvenute negli anni 2013 e 2014 si resta ancora in attesa delle determinazioni del Dap circa tali visite e “come Cgil rimarchiamo con forza che la mancanza di tali decisioni si riflette sia sull’operato dell’attuale dirigente inviato in missione (il direttore titolare è assente da un anno per malattia, ndr) che su tutto il personale in servizio”.
Twitter: @bacchettasimone