Il primo fuori concorso, il secondo in concorso per le Giornate degli Autori, arrivano in laguna due film italiani molto vicini alla poetica del grande cineasta friulano. A presentare la pellicola di Caligari, ultimo capitolo di una ideale trilogia, anche Valerio Mastandrea, commosso, e la madre del regista scomparso nel maggio scorso
Non essere cattivo. “Ovvero l’undicesimo comandamento”. Alleggerisce così la commozione degli astanti Valerio Mastandrea mentre spiega il senso del titolo dell’ultimo e postumo film di Claudio Caligari, in proiezione ufficiale oggi alla Mostra fuori concorso. Tra le opere più attese al Lido, costituisce il testamento spirituale del cineasta cult scomparso il 26 maggio, il giorno dopo aver finito di montare il film. Ad accompagnare la premiére mondiale di Non essere cattivo c’é anche la madre, Adelina Caligari. “Mio figlio era molto dolce, però nel suo lavoro era energico e penso abbia insegnato a me e a chi l’ha conosciuto uno stile di vita”. Appare serena l’anziana signora, quasi un sostegno per il cast e la troupe che invece alle sue parole si sciolgono in un pianto liberatorio. Al centro dell’attenzione è naturalmente Mastandrea, mattatore indefesso nel suo ruolo di produttore del film per l’ultimazione del quale si è speso in prima persona, bussando ad ogni porta per chiudere il budget produttivo. “E’ vero, tanti anni di porte sbattute in faccia o di porte semiaperte che a metà percorso si chiudevano. La vita e la carriera di Claudio sono sempre state così, ed è ormai troppo tardi, lui non c’è più ma ci sono le sue 3 pellicole che anche se sono pochissime resteranno per sempre e per tutti. Senza dimenticare che nel cassetto di Caligari ci sono ancora 5 copioni che attendono di essere trasformati in film: li tireremo fuori e sono certo che si faranno. Inutile pensare al passato, pensiamo guardando in avanti, concentrandoci su quanto resta di Claudio. Mi rendo conto che il mio sembra un discorso ultracattolico, ma ne faccio questione di principio perché lui era un uomo rigoroso, non voleva pareggiare, non esistevano X nella sua vita e nella sua carriera”.
Non essere cattivo chiude un’ideale (e unica) trilogia della sua filmografia iniziata con Amore tossico nel 1983 e continuata con L’odore della notte nel 1998. Non a caso quest’ultimo film si apre esattamente nel luogo e con la medesima inquadratura con cui si apriva Amore tossico, sul mare di Ostia. Il film si ambienta nel 1995 e racconta la storia di un’amicizia fraterna tra due giovani, entrambi tossicodipenenti, microspacciatori e anime raminghe ai margini di una società sterile e indifferente. “E’ questa la fine dell’era pasoliniana – spiega il cosceneggiatore Giordano Meacci – e credo che questo film sia un buon modo per mostrare in quale punto tale epoca abbia iniziato a sgretolarsi”. Poeta degli ultimi e degli emarginati, Caligari è da molti considerato l’ultimo dei pasoliniani per spirito e poetica: “claudio non si metteva mai in cattedra, non si è mai posto come autore per cinefili ma si sentiva un semplice narratore di storie” prosegue l’amico sceneggiatore visibilmente emozionato. Anche i nomi dei protagonisti rivelano un universo a lui caro: Cesare di Amore tossico e Vittorio di Accattone, due ragazzi dolci come lui, anche quando “si sporcano”.
Mastandrea non ha voluto entrare nel cast perché “non c’erano ruoli per me e non volevo forzarne alcuno”, ma da produttore è stato ben attento a selezionare i due protagonisti Luca Marinelli (Cesare) e Alessandro Borghi (Vittorio). Entrambi onorati di partecipare a un’opera così significativa, si sentono dei privilegiati per aver appreso da Caligari “ad usare il coraggio e non avere mai paura”. Non essere cattivo, bello e con un’anima che sfregia la mediocrità, uscirà domani in 60 sale grazie a Good Films.
Sempre nella giornata odierna ha trovato la sua “prima” anche il poetico Viva la sposa di Ascanio Celestini, in concorso ai Venice Days – Giornate degli Autori. Sarà solo una coincidenza, ma è un fatto che i due titoli più “pasolinani” in programma trovino il pubblico del Lido nella stessa giornata. Racconto visionario e narrativamente anticonvenzionale, il secondo lungometraggio di Celestini non si distacca per stile e poetica a La pecora nera, con cui aveva esordito nel 2010 concorrendo alla Mostra. La storia è quella di Nicola, un artista di strada alcolizzato e generoso, un uomo di periferia a 360 gradi. Si porta appresso un ragazzino, Salvatore, che pensa essere il suo figlio naturale avuto da una prostituta: per lui sta “cucendo” un piccolo tesoro nel fodero del suo cappotto bisunto. L’universo di Nicola si anima di personaggi a lui simili, gli unici che interessino veramente allo sguardo di Celestini. “I miei sono individui in bilico, non buoni né cattivi, sempre sospesi e dai colori mai ben definiti. Sono tragici senza volerlo essere, non conoscono il destino ma ce l’hanno già segnato. Credo si possano paragonare a dei rumori di fondo a cui non facciamo più caso per il fracasso di cui ci circondiamo”. Il film uscirà l‘8 ottobre per Parthénos.