Proprio nei giorni delle polemiche sulle morti (come chiamarle bianche? nere?) nei campi di pomodori sotto il solleone, occultate o meno (Siamo uomini o caporali?), Andria è anche fioritura teatrale. Pare un contrasto, anche se non sarà certo la bellezza che salverà il mondo, che imperterrito segue le sue derive, i suoi naufragi, le sue tragedie. Ma tant’è. Un festival, il “Castel dei Mondi”, che prende spunto dalla fortezza di Federico II di Svevia, posta a pochi chilometri di distanza, alla soglia delle venti edizioni, con un budget importante (230.000 euro) per una settimana di live. Andria che a livello italiano era sinonimo fino a poco tempo fa, fino allo scioglimento, del Teatro Minimo, compagnia con Michele Santeramo drammaturgo e Michele Sinisi attore principale. Vicissitudini, strappi infelici.
Il Castel dei Mondi fa riemergere la riflessione e le domande su a cosa servano i festival estivi, se sono vere e proprie stagioni compresse in formato feriale portando alla cittadinanza il non visto durante l’anno con un’abbuffata da overdose o se devono essere lancio e trampolino per spettacoli futuri e futuribili, vetrina del teatro che sarà. Nel, molto, teatro di questa edizione andriese tanto il già visto altrove, e passato abbondantemente nell’invernale come in altre rassegne partendo da “La beatitudine” delle Fibre Parallele baresi, “I giganti della montagna” di Roberto Latini, fino agli “Animali da bar” della Carrozzeria Orfeo, qui dati per debuttanti, che invece aveva già mostrato la sua epifania prima ad “Orizzonti verticali” di San Gimignano a luglio e ad inizio agosto al “Teatro nel Bicchiere” di Scansano. Inciampi, incastri, punti di vista, congiunzioni.
Festival teatrale dove ci hanno colto sul vivo e colpito più l’altro, l’intorno al teatro contemporaneo: una mostra, un’installazione, burattini e ombre. Le sorprese non finiscono mai. Le tele di Luca
Sfarzoso è “La festa dell’Imperatore”, produzione ceca, dove tre macchinisti mettono in moto una dozzina di personaggi, marionette bellissime che s’inerpicano a fine ‘700 tra Mozart e Giuseppe II. Un teatrino barocco a tre aperture, con sopra una finestra dove le ombre fanno da raccordo poetico alla semplice narrazione: per una grande cerimonia il Sire chiede al compositore un’opera, con una sola settimana di tempo a disposizione. Dettagli e particolari curatissimi, parrucche e ritratti, il tutto accompagnato da rumoristi che rendono vivo il quadro: lo scroscio dell’acqua, il bimbo che piange. Le decine di fili muovono i caratteri: Mozart suona Great balls of fire, la moglie lo insegue con la padella. E’ anche un gioco sul teatro; cruciali i due inservienti-tecnici di palco sgangherati e sciagurati, confusionari e cialtroni che, come fossimo dentro “Fantasia” di Topolino o “The Wall” dei Pink Floyd, preparano e scardinano il palco allestendo la piece che diviene, inevitabilmente, un “Rumori fuori scena” con noi in platea che guardiamo il retro palco, con tutto quello che succede dietro le quinte e tra una scena e l’altra, mentre il parterre de rois davanti segue con interesse marmoreo. Raffinato, elegante elogio a chi fa arte, musicisti, teatranti, tecnici appunto, nelle situazioni personali, esistenziali, private, più disparate, ma che, in ogni caso, portano a casa il risultato per il ludibrio del pubblico.
Festival “Castel dei Mondi”, Andria, dal 23 al 30 agosto 2015