“Ieri l’Argentina, oggi la Grecia e domani forse la Francia: a ogni paese indebitato può essere impedita la ristrutturazione del debito, a dispetto del buon senso”. Così l’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis dal suo blog anticipa l’appello all’Onu firmato sul Guardian da diciannove economisti tra cui, oltre all’eccentrico ex sodale di Tsipras, Thomas Piketty della School of Economics di Parigi, James Galbraith dell’University of Texas di Austin, Martin Guzman della Columbia University, Mariana Mazzucato dell’Università del Sussex, Gennaro Zezza del Levy Economics Institute e Giovanni Dosi della Scuola Superiore Sant’Anna. L’appello ruota intorno ai nove principi di base che sono stati proposti dal comitato istituito dall’Assemblea generale Onu per creare un quadro giuridico per la ristrutturazione dei debiti sovrani: sovranità nazionale, della buona fede, della trasparenza, dell’imparzialità e parità di trattamento, dell’immunità di uno stato sovrano, della legittimità, della redditività e della ristrutturazione a maggioranza. Principi che saranno votati dall’Assemblea stessa il prossimo 10 settembre.
“Se si fossero rispettati questi principi – scrivono i diciannove – si sarebbero evitate le insidie della crisi greca, in cui i rappresentanti politici hanno ceduto alle richieste dei creditori nonostante la mancanza di logica economica e le conseguenze sociali disastrose”. Questa risoluzione è nell’interesse pubblico, continuano, deve essere sostenuta da tutti gli Stati europei e diventare un tema sottoposto a consultazione pubblica. La crisi greca, si legge nella lettera, ha chiarito che uno Stato di per sé non può negoziare a condizioni ragionevoli la ristrutturazione del proprio debito nel contesto politico attuale, nonostante questi debiti siano spesso insostenibili nel lungo termine. Nel corso dei negoziati andati in scena nella prima metà del 2015, la Grecia si è trovata di fronte a un ostinato rifiuto dei creditori internazionali di prendere in considerazione qualsiasi ristrutturazione, “nonostante questo rifiuto fosse in contraddizione con le raccomandazioni del Fondo monetario internazionale“.
Per queste ragioni, facendo riferimento all’esempio dell’Argentina e ai principi da rispettare nella ristrutturazione del debito pubblico, i 19 economisti suonano l’allarme, sostenendo che domani, dopo Buenos Aires e Atene, potrebbe toccare a Parigi. “Ogni paese indebitato può essere escluso dalla ristrutturazione del debito. La creazione di un quadro giuridico per la ristrutturazione del debito che consenta a ogni Stato di risolvere i suoi problemi di debito senza il rischio di collasso economico o di perdita di sovranità è una questione della massima urgenza per promuovere la stabilità finanziaria“. E il dramma greco, è la conclusione, mette in chiaro che non c’è tempo per esitare. “I finti negoziati di quest’estate hanno portato molti europei a rifugiarsi nel nazionalismo ed esprimere il loro disprezzo per le organizzazioni internazionali. Tuttavia, gli europei dovrebbero ribadire che i diritti democratici, nonostante le esigenze del mercato, sono il cuore della governance globale. Per questo invitiamo tutti gli Stati europei a votare a favore di questa risoluzione”.
A margine dell’appello Varoufakis riserva un’altra stoccata ai creditori internazionali. Dalle colonne del New York Times sottolinea che dall’inizio della crisi greca nel 2010 sono stati fatti dimettere tre premier, costretti ad adottare “insopportabili misure di austerità in cambio di un pacchetto di aiuti dalla Troika”. Il terzo dei quali “è un amico, il mio compagno di Alexis Tsipras”. Varoufakis, che ha deciso di non candidarsi alle prossime elezioni, insiste sul punto che Tsipras e il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble concordano con le posizioni del Fmi su un punto: che il nuovo maxi prestito non è sostenibile dalla Grecia.
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