Parola dell'ex ministro. Dopo le rivelazioni de ilfattoquotidiano.it sui problemi sollevati dalla sua nomina al Bambin Gesù. E sul parere richiesto dal Comitato di presidenza sulle possibili violazioni della legge che regola l'assunzione di incarichi da parte dei consiglieri: “La nomina mi è stata proposta, non l'ho sollecitata. E se me lo chiede la Santa Sede io dico di sì”. Adesso il ripensamento. E l'ipotesi di rinunciare al posto in cda
“La nomina al Bambin Gesù mi è stata proposta, non l’ho sollecitata io. E se me lo chiede la Santa Sede io dico di sì”. Lo dice a ilfattoquotidiano.it Renato Balduzzi, ex ministro della Sanità, eletto dal Parlamento lo scorso anno al Consiglio superiore della magistratura (Csm). A maggio la nomina nel cda del Bambin Gesù: da allora si è iniziata una lunga trafila, allo stato ancora senza esito, per capire se si tratti di un incarico incompatibile con la sua permanenza a Palazzo dei Marescialli. Quel che è certo è il malcelato imbarazzo attorno a questa vicenda che ha già prodotto un parere non decisivo degli uffici e che ha costretto il Comitato di presidenza del Csm a richiedere un supplemento di informazioni ai vertici dell’Ospedale della Santa Sede.
“Da un punto di vista giuridico sono assolutamente tranquillo: l’incompatibilità non c’è anche perché il cda del Bambin Gesù ha una natura meramente consultiva, mentre i compiti amministrativi veri e propri spettano al presidente; è lui che comanda. Immagino che mi sia stato proposto di entrarne a far parte perché conoscendo da sempre questa struttura avrei potuto dare dei consigli utili dopo la nuova fase che si è aperta con il recente avvicendamento ai suoi vertici”. Un avvicendamento – si dice – voluto da Papa Bergoglio in persona dopo gli anni della gestione di Giuseppe Profiti finito nell’inchiesta della procura di Trani che indaga per la questione dei 30 milioni di euro, stanziati dalla commissione Bilancio del Senato presieduta da Antonio Azzollini e destinati al Bambino Gesù, che sarebbero però stati usati, secondo l’ipotesi degli inquirenti, per un altro scopo.
Una vicenda delicatissima che si intreccia incidentalmente con la scelta dell’ex ministro della Salute di accettare l’incarico nel cda di un ospedale di proprietà della Santa Sede e quindi in quanto tale di diritto estero, ma che negli anni è stato progressivamente integrato, con prestazioni a pagamento, nel servizio sanitario nazionale, tanto da ricevere finanziamenti nella Legge di Stabilità. “L’incarico in questione – ribadisce Balduzzi – non rientra nei casi di incompatibilità che possono essere solo quelli stabiliti dalle norme attuali: non è un ente pubblico né una società commerciale e io ho rappresentato in tutta trasparenza al Csm la mia nomina nel cda dell’Ospedale. Da un punto di vista giuridico, dunque sono sereno e per questo ho accettato subito. Il mio incarico è meramente consultivo e non comporta alcun onorario: è una sorta di volontariato, non accettare mi sarebbe sembrato una reticenza”, dice Balduzzi che, forse, non si aspettava che la valutazione del caso si trascinasse per tutto questo tempo.
La sua nomina al Bambin Gesù risale all’inizio di maggio e dopo mesi di approfondimenti da parte dell’ufficio che lo stesso Balduzzi dirige al Csm (“Ha lavorato in tutta serenità e indipendenza”, afferma l’ex ministro) si è arrivati a settembre: insomma il tempo trascorso sembrerebbe alimentare il dubbio che la questione proprio chiara non sia. E che a questo si accompagnino un’altra serie di considerazioni alla luce del fatto che la legge sulla incompatibilità applicata ai membri del Csm non fa distinzioni tra incompatibilità originaria e quella sopravvenuta: in entrambi i casi, una volta che venga accertata si spalancano le porte della decadenza. Ma forse una soluzione è a portata di mano e potrebbe venire dallo stesso Balduzzi. “Il mio punto di vista sotto il profilo giuridico è largamente fondato e una conclusione (la non incompatibilità) è più plausibile di un’altra. Dal punto di vista giuridico lo ripeto, sono sereno. Quanto ad una questione di opportunità di accettare questo incarico, non credo di aver suscitato alcun imbarazzo al Csm”. Quindi? “Guardi, confesso che sto valutando da tempo di rinunciare all’incarico anche per senso di responsabilità nei confronti di chi mi ha nominato. Faccio fatica da un punto di vista pratico ad onorarlo, i miei impegni sono cresciuti. Questo però non c’entra nulla con l’altro aspetto legato al regime delle incompatibilità”.