Nevio Scala portaci in Europa. Lo cantavano all’inizio degli anni Novanta i tifosi del Parma e sarebbero stati presto accontentati, con la vittoria della Coppa delle Coppe nel 1993. Lo cantano, con notevole sense of humour, ancora oggi che i palcoscenici sono meno prestigiosi e talvolta hanno problemi di zollatura. Rispetto ad allora sostengono una nuova squadra: si chiama Società Sportiva Dilettantistica Parma Calcio 1913 e gioca nel campionato di Serie D. Domenica all’esordio ha più volte rischiato di andare sotto sul campo dell’ArzignanoChiampo, formazione della provincia di Vicenza. Alla fine è arrivato lo 0 a 1, con gol su rigore di Musetti. A festeggiare con la fascia di capitano Alessandro Lucarelli, che qui è rimasto dopo un triplo salto all’indietro di categoria. Un gesto che, come e più degli eroi dei trionfi continentali, fa del livornese un simbolo di questo club.
Con l’Arzignano è andata. Lo avete già vinto questo campionato?
Il Parma in questa categoria non ha alternative alla vittoria, lo dico senza presunzione e con grande rispetto per i nostri avversari. Sono entusiasta di rivivere la provincia, ma voglio che sia chiaro sin da subito: in Serie D siamo solo di passaggio.
Quasi 5mila abbonati e 800 tifosi in trasferta all’esordio, i cori per il presidente Scala. Pare decisamente che l’ambiente abbia voltato pagina.
In città si respira un’aria pulita, elettrizzante. Il nuovo Parma è una società fatta da parmigiani che vogliono fare del bene alla loro comunità. Altrettanto in campo e dietro le scrivanie, dove siedono persone che di questi colori hanno scritto pagine di storia: i loro nomi sono una garanzia per tutti.
Il fallimento dello scorso anno è arrivato a 12 anni dal crac Parmalat. Cosa rimane dell’ultimo ventennio di pallone, tra luci abbaglianti e ombre, in città?
Due fallimenti nel giro di pochi anni sono un privilegio riservato a pochi, mettiamola così. A Parma momenti bellissimi e successi straordinari sono stati offuscati da tante, troppe delusioni. A subire, come sempre, sono coloro che ancora vivono il calcio come una passione.
A distanza di mesi hai messo definitivamente a fuoco colpe e responsabilità?
Non mi serviva tempo per capire quanto è successo, ho sempre saputo chi ha rovinato il Parma.
Cosa ti ha più ferito della passata stagione?
Che a pagare per tutti siano stati tifosi e lavoratori, i più indifesi. Noi domenica siamo andati a Arzignano mentre l’ex direttore sportivo Leonardi ora è a Latina, a fare il mercato in Serie B. Nulla gli è accaduto e lo stesso vale per Ghirardi, che sta comodamente a casa sua.
Pensi che il calcio italiano non abbia sviluppato gli anticorpi nemmeno dopo la figuraccia internazionale che il vostro caso ha rappresentato?
In alcun modo. Se vuole recuperare credibilità la federcalcio deve allontanare certi personaggi, non metterli nelle condizioni di tornare a fare danni. Il pallone italiano è malato e pieno di debiti, se i regolamenti fossero applicati seriamente appena una manciata di squadre potrebbe iscriversi ai campionati. Per questo molti sono disponibili a scendere a compromessi.
Tuo fratello Cristiano è stato quello di Tenetevi il miliardo. Avresti mai immaginato di diventare anche tu una bandiera?
A dire il vero non avrei mai creduto che sarebbe stato necessario. Ma quando la situazione è precipitata, senza una società alle spalle, ho sentito il peso delle responsabilità e non mi sono tirato indietro. Purtroppo non sono riuscito a evitare il fallimento del Parma, perché il danno era troppo grande. Però ci ho provato fino all’ultimo.
In fondo vieni da Livorno, tuo padre ha passato una vita al porto. Non deve essere stato troppo complicato reinventarsi sindacalista.
L’ho fatto con rabbia e orgoglio per tutelare i miei compagni, i dipendenti della società e i nostri tifosi. Ho perso tanti soldi, ma ho guadagnato la stima della gente. E quella è impagabile.
Eppure per molti eri il capo di gruppo di miliardari viziati che tutelava solo il proprio stipendio. Ti hanno pesato simili attacchi?
In Italia siamo molto bravi a fare i populisti. Chi lavora deve essere pagato, stop. Se io e i miei compagni abbiamo continuato a giocare è stato anzitutto perché un centinaio di famiglie campava grazie al Parma. Avessimo voluto pensare a noi stessi a marzo avevamo già svuotato gli armadietti.
Sinceramente, chi te l’ha fatto fare di rimanere a Parma?
E’ stata una scelta affettiva. Sono qua da otto anni, mi trovo bene con la mia famiglia e stiamo pensando di rimanere a vivere in città. E poi lo dovevo ai tifosi, che tanto hanno sofferto negli scorsi mesi e che necessitano di punti fermi da cui ripartire. A 38 anni ho avuto ciò che meritavo dalla mia carriera, non mi interessava andare a caccia dell’ultimo contratto da professionista.
Stai dicendo che hai ricevuto delle offerte?
Qualche interessamento c’è stato, ma già lo scorso inverno avevo detto che avrei concluso la mia carriera in Emilia. Nonostante il pressing asfissiante di Cristiano, che mi voleva al Tuttocuoio.
In provincia si invecchia meglio. A questo punto puoi giocare un anno di più.
L’idea è di ritirarmi al termine di questa stagione. Ma se a maggio dovessi stare bene e vedere che ancora mi diverto, chissà…