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Banda larga, commissaria Ue: “Gli investimenti siano soprattutto privati”

Margrethe Vestager, responsabile della Concorrenza, ha detto che nello sviluppo della rete in fibra va "massimizzato" il contributo delle aziende. Ma il piano del governo Renzi prevede al contrario che su 12 miliardi ben 7 li metta lo Stato. Quanto alla bad bank con cui sgravare i bilanci bancari dai crediti deteriorati, occorre "evitare che siano i contribuenti a pagare"

Bruxelles mette i bastoni tra le ruote al piano del governo Renzi per lo sviluppo della banda larga. Mentre le aziende affilano le armi per accaparrarsi i primi 2,2 miliardi di euro di fondi pubblici sbloccati dal Cipe in agosto, la Commissione Ue infatti frena avvertendo che gli investimenti devono essere soprattutto privati. A chiarirlo è stata la commissaria europea per la Concorrenza, Margrethe Vestager, parlando in audizione alle commissioni Attività produttive e Politiche Ue alla Camera e Industria e Politiche Ue del Senato. Per uno sviluppo in chiave europea della rete in fibra, ha chiarito Vestager a deputati e senatori, “vogliamo massimizzare il ruolo degli investimenti privati”. Non solo: “Bisogna rispettare le linee guida” Ue, “renderla adeguatamente aperta, cioè il sistema non deve escludere determinate imprese che vorrebbero partecipare” e bisogna permettere “l’accesso alle infrastrutture ai concorrenti”.

Occorre poi “garantire che non vengano spiazzati gli investimenti privati”, ha aggiunto la commissaria. Indicazioni che contrastano con i progetti dell’esecutivo, il cui piano prevede 5 miliardi di fondi privati e ben 7 pubblici. Che saranno distribuiti senza le rigide regole che erano contenute nella bozza del decreto comunicazioni circolata a giugno e poi finita nel dimenticatoio. A tutto vantaggio dell’ex monopolista Telecom, che si è già aggiudicato tutte le gare per la diffusione della banda ultralarga nelle regioni del sud.

Vestager ha poi parlato del progetto del governo italiano di creare una bad bank, una sorta di “lavatrice” in cui trasferire parte degli oltre 330 miliardi di crediti deteriorati e “incagliati” che le banche della Penisola hanno in pancia con l’obiettivo di risanarli e recuperarli almeno in parte. Al centro delle discussioni che vanno avanti da mesi tra il Tesoro italiano e la Commissione Ue c’è, come è noto, l’eventuale garanzia pubblica. Che rischia di essere considerata un indebito aiuto di Stato. “Ci piacerebbe evitare che siano i contribuenti” a pagare, ha detto Vestager. Per questo la richiesta di Bruxelles è che la bad bank acquisti le cosiddette sofferenze al loro valore di mercato: “Se si trasferisce un prestito che non viene ripagato a qualcuno che può assumere un rischio maggiore allora il costo aumenta e quel prezzo deve essere valutato a valore di mercato”. In caso contrario infatti “qualcuno deve pagare (la differenza ndr) e quel qualcuno non deve essere il contribuente”. Il via libera sembra comunque tutt’altro che vicino, a dispetto da quanto detto dal ministro Pier Carlo Padoan a Cernobbio: “In Italia i prestiti incagliati sono sparsi in molti settori e questo complica una soluzione”, ha spiegato infatti la commissaria.

Infine la responsabile della concorrenza ha fatto riferimento al fatto che la Commissione Ue ha “in corso” accertamenti sui provvedimenti di alcuni Stati per verificare se vi sia stata competizione fiscale, vale a dire quel fenomeno per cui un’azienda si trasferisce in un Paese dove può pagare meno tasse. Lo scorso anno Bruxelles ha aperto un’indagine per stabilire se il regime applicato da Irlanda, Olanda e Lussemburgo a favore rispettivamente di AppleStarbucks e della lussemburghese Fiat Finance and Trade, società anonima interamente controllata da Fiat spa, sia in linea con le norme sugli aiuti di Stato. Le verifiche saranno concluse “a breve”, ha anticipato Vestager.