«Soldi che abbiamo già buttato»: 4.386 milioni. «Soldi che potremmo evitare di buttare ogni anno»: 1.001 milioni. Bastano queste due cifre, tragiche, a dare un’idea del disastro economico del Campidoglio: «Un disastro che non riguarda solo i romani, che pagano le tasse locali più alte d’Italia, ma anche tutti gli italiani a cui tocca, puntualmente, arrivare in soccorso della capitale con l’immancabile finanziamento salva-Roma».
Non ha peli sulla lingua Daniele Frongia, consigliere capitolino del Movimento 5 Stelle e presidente della Commissione speciale per la riforma e la razionalizzazione della spesa dell’amministrazione di Roma Capitale, nell’anticipare a ilFattoquotidiano.it le conclusioni del suo lavoro. Dopo aver passato due anni a setacciare i bilanci del comune, a interrogare funzionari, a dare la caccia agli sprechi, la sua commissione è infatti arrivata al capolinea (scade il 19 settembre) e non ne è previsto il rinnovo. Al sindaco Ignazio Marino, però, lascerà un’eredità che pesa come un macigno: il primo tentativo di mappatura scientifica degli sprechi romani negli ultimi vent’anni. O forse anche trenta. «L’abisso finanziario in cui si trova il Campidoglio è frutto di anni e anni di amministrazione distratta nel migliore dei casi, connivente o corrotta nel peggiore», spiega infatti Frongia, che di lavoro è funzionario all’Istat e ha studiato il caos amministrativo romano con il rigore dello statistico, riuscendo persino a stimare i costi della corruzione pagati dalla collettività e, in primis, dagli operatori economici: «Mafia Capitale, e non solo, ci è costata almeno «650 milioni».
La tragedia del bilancio capitolino è racchiusa in due tabelle che il ilFattoquotidiano.it ha potuto esaminare. Una elenca i «soldi che abbiamo già buttato», iniziando dalle grandi opere (incompiute) che hanno ipotecato i bilanci di Roma capitale. Come la Città dello Sport, voluta dall’allora sindaco Walter Veltroni, progettata dall’archistar Santiago Calatrava, rientrata tra le grandi opere gestite da Guido Bertolaso, e affidata al gruppo Caltagirone per i lavori: doveva essere pronta per i mondiali di nuoto del 2009, è tuttora in fieri e, anzi, già sta cadendo a pezzi dalle parti di Tor Vergata. Quanto è costata fino ad oggi quella desolazione di cemento e vetri rotti? Boh. La differenza tra il primo e l’ultimo preventivo, secondo la Commissione, è di 600 milioni. Un disastro. Non resta indietro però la Nuvola di Massimiliano Fuksas all’Eur, per la quale mancano ancora all’appello almeno 30 milioni di euro (e parliamo della sola quota del comune, il 10 per cento dell’esborso totale) o la nuova Fiera di Roma, «una struttura che non vale niente» ma che è già costata alla collettività 360 milioni.
Facciamoci del male, sì. Che fine ha fatto il Corridoio Laurentino per i filobus? Mai visto: al suo posto «è stata realizzata una corsa preferenziale di 4 km» che ha appesantito il bilancio del Campidoglio per 160 milioni, ben 40 milioni al km, ossia 40 mila euro al metro. Complimenti. La sola metro C ha sfondato i preventivi per 800 milioni. E che dire del colossale debito dell’Ater Regione Lazio, che per anni non ha pagato Imu e Ici sulle case popolari? Abbiamo superato quota 600 milioni. «Roma Capitale ha un buco di bilancio superiore agli 800 milioni di euro, Ignazio Marino non sa più dove trovare i soldi, si tagliano i servizi ai cittadini e si aumentano le tasse in tutti i modi», si indigna il rappresentante dei Cinque Stelle. «Eppure basterebbero i soldi dell’Ater per coprire i tre quarti del buco».
Domanda inevitabile: perché, finora, nessun sindaco ha fatto fuoco e fiamme per andare all’incasso? Perché, all’orizzonte, è comparsa pure una sanatoria? «Mistero. Abbiamo solo potuto constatare che, di fatto, per anni comune e Regione hanno fatto melina». Una melina di sinistra, come tra Walter Veltroni e Piero Marrazzo, o di destra, come tra Gianni Alemanno e Renata Polverini. Ma il risultato non cambiava: «L’Ater non pagava il dovuto. Il comune non batteva cassa, o lo faceva senza troppa convinzione. I rapporti politici ci guadagnavano. Ma alla fine il Campidoglio è andato in rosso, mentre l’Ater, quest’anno, ha chiuso il bilancio in attivo». Amen.
Ancora più scandalosa è la seconda tabella elaborata dalla commissione: i 1.101 milioni che potremmo evitare di buttare via ogni anno. Basterebbero questi risparmiucci per riportare il bilancio in attivo. Ecco: ben 390 milioni, lo spreco più consistente, se ne vanno infatti a causa dei «tributi non pagati dal Vaticano» e dei «servizi non dovuti (e non previsti nemmeno dai patti Lateranensi) che vengono offerti gratuitamente alla Chiesa». Ma il vero buco nero del Capidoglio è la mala gestio del patrimonio immobiliare. «Manca un censimento affidabile degli immobili comunali e ci sono troppi errori nel database catastale», segnala la commissione; così mancano all’incasso almeno 216 milioni di Imu e Tasi ogni anno. Non c’è manco da stupirsi troppo, visto che l’80 per cento degli inquilini del Campidoglio è moroso anche per gli affitti. Eppure sono canoni da ridere (ci sono studi dentistici che pagano un canone di soli 130 euro al mese e appartamenti con vista sulla Fontana di Trevi che non costano più di 300 euro, ma anche sedi di ambasciate a 51,65 euro l’anno o parrocchie e arciconfraternite che se la cavano con pochi spicci) e, oltretutto, non vengono adeguati da un’eternità. Su 54.996 beni di proprietà comunale, la commissione ha stimato «un danno economico di almeno 150 milioni l’anno» solo a causa della scarsa redditività del patrimonio immobiliare, residenziale e non, dato in locazione. Altri 100 milioni il Campidoglio potrebbe incassarli adeguando l’importo delle concessioni balneari e 25 rivedendo all’insù quelle degli impianti sportivi. Applicandosi un po’, insomma, il modo per incassare qualche soldarello a Roma ci sarebbe. Marino, se ci sei batti un colpo.