Cinema

Franco Interlenghi, morto il protagonista di “Sciuscià” e del neorealismo. Recitò con De Sica e Fellini

E’ morto a Roma, nella sua casa vicina a Ponte Milvio, Franco Interlenghi. L’attore aveva 83 anni. E’ stata la figlia Antonellina a dare la notizia che si è subito diffusa al Lido di Venezia dove è in corso la Mostra del Cinema. Volto indimenticabile del cinema italiano come ragazzino quindicenne in Sciuscià di Vittorio De Sica (con il quale esordì a 15 anni) e Moraldo nei Vitelloni di Federico Fellini. Ha partecipato a molti film degli anni Cinquanta e Sessanta, diretto tra gli altri anche da Roberto RosselliniMichelangelo Antonioni. Ha alternato spesso i registri: ha recitato in Don Camillo, ma qualcuno lo ricorderà anche nel ruolo del genero di Totò, Alberto, che fa il giornalista, in Totò, Peppino e i fuorilegge. Alla fine degli anni Quaranta Interlenghi si è affermato in teatro dove Luchino Visconti lo ha diretto in Rosalinda o come vi piace e Troilo e Cressida di Shakespeare e Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller.

Negli ultimi anni, nei quali aveva recitato con ruoli non di primo piano, aveva partecipato tra l’altro a Romanzo Criminale di Michele PlacidoNotte prima degli esami-Oggi di Fausto Brizzi e lavorato per la televisione (aveva recitato nel ruolo di monsignor Casaroli in una fiction su Giovanni Paolo I, Papa Luciani, andata in onda su Mediaset. L’ultimo film al quale ha partecipato è La bella società del 2010, di Gianpaolo Cugno, con Giancarlo Giannini, Raoul Bova, Maria Grazia Cucinotta e sua moglie Antonella Lualdi, che Interlenghi ha sposato nel 1955 e dalla quale ha avuto due figlie entrambe attrici, Stella e Antonellina.

In un’intervista a Flora Lepore raccontò come arrivò a essere protagonista di Sciuscià. “Io e altri ragazzini giocavamo a tirarci un pezzo di legno, tanto per passare il tempo”. E un anziano al quale dava fastidio il chiasso disse loro: “Ma che fate qui? Andate a via Po che De Sica cerca dei ragazzini per un film”. Interlenghi ricordò che “c’era una fila che arrivava fino a piazza Fiume. Allora, la fame spingeva tutti a tentare di fare la comparsa. Arrivai finalmente davanti a De Sica. Lui mi chiese: ‘Sai fare a pugni?’. E io risposi: ‘No’. ‘Avanti un altro!’, disse lui guardando la fila davanti a sé. Ci rimasi malissimo. Colpo di genio. Mi rimisi in fila. Tanto, neanche mi ha guardato, pensai. E infatti, arrivato di nuovo il mio turno, lui mi richiese: ‘Sai fare a pugni?’. E io, tutto d’un fiato: ‘Sì, faccio a pugni con mio fratello, coi compagni, poi vado in palestra, poi prendo lezioni di pugilato, poi…’. ‘Prendete il numero di telefono!’, tuonò De Sica”.