La Commissione tributaria provinciale di Milano ha dichiarato "illegittima" la pretesa dell'erario che chiedeva 200mila euro a un imprenditore. Aveva presentato istanze di annullamento, ma gli uffici dell'Agenzia non gli hanno risposto entro il termine di 220 giorni
“Gli atti sono da annullare in quanto l’ufficio non ha risposto entro 220 giorni”. Con questa motivazione la Commissione tributaria provinciale di Milano ha annullato due cartelle dell’Agenzia delle Entrate per un importo complessivo superiore ai 200mila euro. La sentenza numero 5667, depositata il 23 giugno scorso e firmata dall’ex magistrato del pool di Mani Pulite Piercamillo Davigo, ha infatti azzerato definitivamente il debito di un imprenditore lombardo che si era visto recapitare due avvisi di accertamento nel dicembre 2011.
Ma che cosa è accaduto esattamente? Semplicemente l’Agenzia delle Entrate non ha risposto per tempo alle istanze di annullamento delle due cartelle esattoriali presentate all’incasso da Equitalia Nord. Così, sulla base della legge 228/2012, “le partite di cui al comma 537 sono annullate di diritto”. Nel caso all’esame della Commissione milanese, il ricorrente aveva presentato le istanze di annullamento delle cartelle perché riteneva “illegittima la pretesa erariale”. Inoltre, come si legge nella sentenza, l’imprenditore si era anche “accorto di alcune anomalie, tra cui l’indicazione in una delle cartelle esattoriali dell’importo di 103.828,18 euro quale importo dovuto in luogo di 41.654,85”. Dal canto suo, Equitalia Nord aveva provveduto a sgravare la cifra erroneamente indicata, senza tuttavia procedere all’annullamento delle cartelle che, intanto, avevano fatto scattare anche un’iscrizione ipotecaria, a sua volta impugnata dall’imprenditore.
Il gran pasticcio è arrivato finalmente sul tavolo di Davigo, con Equitalia Nord spa ed Equitalia che eccepivano la propria carenza di legittimazione passiva e contestavano la competenza sulla questione della stessa Commissione tributaria. La sezione presieduta da Davigo non ha però ritenuto valide le ragioni del gruppo guidato da Ernesto Maria Ruffini e ha accolto l’istanza dell’imprenditore perché “gli atti emessi dall’ufficio risultano illegittimi per la mancata risposta dell’Agenzia delle entrate alle istanze di annullamento proposte dal ricorrente”. A questo punto, la legge 228/2012 prevede che, contestualmente all’annullamento del debito, siano “eliminati dalle scritture patrimoniali dell’ente creditore i corrispondenti importi”.
La questione non è di poco conto, dal momento che non è la prima volta che una commissione tributaria si esprime a favore del ricorrente: è già accaduto ad esempio a Lecce e non è escluso che presto possa accadere altrove creando problemi alle casse dell’erario. “Ci si augura, dunque, che tale pronuncia possa contribuire a creare un nuovo clima di collaborazione tra Fisco e contribuente, soprattutto in virtù del fatto che l’inerzia del fisco può creare gravi conseguenze alle casse dell’Erario”, hanno spiegato gli avvocati dello studio Sances che ha assistito l’imprenditore. Il rischio concreto è che la Corte dei Conti possa un domani voler veder chiaro sulle responsabilità dell’Agenzia, che con il suo silenzio ha fatto venir meno i debiti tributari.