E’ un’immagine che toglie il fiato. E’ l’elogio della vita. Se avessero chiesto loro di mettersi in posa, probabilmente l’effetto non sarebbe stato lo stesso. Il suo braccio l’avvolge. E lei si lascia avvolgere. Si abbandona. Il velo si allenta appena, lasciando intravedere un sottile ciuffo di capelli che spunta sulla fronte. Il gesto della mano verso il cielo, leggermente illuminata dai raggi del sole, rivela che lei no, non se l’aspettava quel bacio, così all’improvviso. Un attimo di intimità protetto dalla maglietta blu che si fa più scura da metà schiena in giù. E’ zuppa d’acqua del mare a cui sono sopravvissuti e che, ora, fa da sfondo.

Quanti anni avranno? Si può solo immaginare l’età di questa coppia. Forse una quarantina? O forse meno? Forse sembrano più anziani di quel che realmente sono. Forse le rughe che non riusciamo a vedere solcano quei volti narrando la paura. L’orrore che l’Europa non vuole ascoltare. Ce l’hanno fatta. In lontananza, sulla destra, una nave. Sulla sinistra, la costa turca. Sono riusciti ad approdare sull’isola di Lesbo. E mi vengono in mente gli antichi e sempre eterni versi di Saffo.

Rapita

nello specchio dei tuoi occhi

respiro 

il tuo respiro.

E vivo

Io non lo so se questa foto farà il giro del mondo e aiuterà il risveglio delle coscienze, come l’immagine del piccolo Aylan ha saputo fare. Questa foto racconta la salvezza che l’Europa può rappresentare. Racconta la bellezza della vita nella sua semplicità. E’ il richiamo a quella dignità che i popoli dal Medio Oriente, dall’Africa e dall’Asia stanno rivendicando marciando silenziosamente attraverso i nostri confini. La marcia silenziosa delle donne e degli uomini scalzi. Una marcia a cui anche io oggi parteciperò. E i motivi sono racchiusi nel primo post che ho scritto in questo blog.

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