Era da oltre un mese, quando è scattata l’operazione “Gambling”, che la guardia di finanza aveva individuato il “tesoretto” dei 41 indagati finiti in carcere con l’accusa di aver riciclato i soldi della ‘ndrangheta nel gioco online. La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Federico Cafiero De Raho, ha sequestrato beni per circa 25 milioni di euro in un’operazione congiunta tra fiamme gialle, carabinieri, polizia di stato e Dia.

I sigilli sono stati applicati a 21 società e trust, spesso intestati a prestanome di comodo in Italia, Malta, Romania, Spagna, Panama e nelle Antille Olandesi. Sono stati sequestrati anche le partecipazioni di altre tre società in Italia, 31 siti nazionali e internazionali di scommesse online, 36 immobili nelle province di Belluno, Catanzaro, Cosenza, Enna, Reggio Calabria e Venezia, e 15 autovetture e moto. Grazie alla collaborazione internazionale tra polizie, gli investigatori sono riusciti a scovare pure soldi in contanti in due conti correnti che gli indagati avevano acceso in Germania (tramite mandato fiduciario da parte della società di scommesse online Betuniq) e a Singapore dove l’organizzazione criminale custodiva complessivamente 3 milioni e 700 mila euro.

Secondo la Direzione distrettuale antimafia “attraverso lo schermo di imprese operanti nel mercato dei giochi e delle scommesse a distanza e dislocando in Stati esteri i server per la raccolta informatica delle giocate e la loro gestione, gli indagati hanno aggirato la normativa che regola il settore, realizzando consistenti profitti, in parte reinvestiti per l’acquisizione di ulteriori società nonché per l’attivazione di nuovi siti on line per l’esercizio ancora più esteso e remunerativo delle attività illecite”.

Una rete di società dietro cui si nasconde la ‘ndrangheta che, stando all’impianto accusatorio dei pm Giuseppe Lombardo e Stefano Musolino, avrebbe sfruttato gli imponenti flussi economici generati da queste società maltesi per riciclare denaro sporco. Il centro decisionale e operativo dell’organizzazione, infatti, è sempre rimasto in Calabria. Un giro d’affari di diversi miliardi di euro messo in piedi dal principale indagato, Mario Gennaro conosciuto con il soprannome di “Mariolino”, arrestato a Malta a fine luglio ed estradato dopo un paio di settimane in Italia. Ritenuto un uomo di fiducia del boss Giorgio Benestare (detto “Franco”), Gennaro era il dominus del sodalizio criminale. “Mariolino”, in sostanza, utilizzava un sito, simile a molti altri, che per evitare di pagare le tasse in Italia ha la sede legale all’estero. Nessuna tracciabilità dei soldi, quote più alte per le scommesse e pagamenti cash.

Tecnicamente li chiamano Ctd, Centri di trasmissione dati, ma in realtà si comportano come vere agenzie e fanno giocare sui siti “.com” gestiti da società con sede nei paradisi fiscali, accettando denaro contante e pagando le vincite in contanti, con quote superiori a quelle previste dai siti “regolari” sottoposti al controllo dei Monopoli di Stato.

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