“La voto solo se si supera lo stallo sull’articolo 2”. “Allora così non ci incontreremo mai”. L‘ultimatum sulla riforma del Senato dell’ex segretario Pd Pierluigi Bersani è appena stato lanciato, ma è già caduto nel vuoto. Gli ha risposto il capogruppo alla Camera Ettore Rosato, ribadendo le parole del presidente del Consiglio Matteo Renzi: si tratta su tutto, ma non sulla parte del provvedimento che prevede la non elettività del nuovo Senato. “E’ arrivato il momento di decidere”, ha rafforzato la posizione il sottosegretario Luca Lotti. “Questa è una riforma importante per il Paese e non vogliamo tornare indietro. Approveremo la riforma e i numeri ci saranno. Questa è una riforma che dobbiamo portare a termine e se siamo costretti a rivolgerci ad altre forze politiche per farlo lo faremo”.
La contesa è tutta su 17 emendamenti all’articolo 2 presentati dalla minoranza Pd: in quelle richieste di modifica c’è anche l’elettività diretta della seconda Camera. I critici del Pd non hanno intenzione di ritirarli, ma non è detto che sia possibile nemmeno discuterli. Il ddl di riforma della costituzione arriva ora alla seconda lettura in Senato e non è possibile cambiare uno dei pilastri del provvedimento, senza dover riniziare tutto da capo. A stabilire se si potrà votare è il presidente Pietro Grasso: “Io ancora non sono investito di nessuna questione”, ha detto, “perché tutto è ancora in commissione, come voi sapete. In aula deciderò io”.
La presidente della commissione Affari costituzionali in Senato Anna Finocchiaro ha pubblicato sull’Unità un intervento in cui difende il provvedimento e anzi ne disegna le origini a sinistra. Intanto però la minoranza rimane compatta sulla sua posizione: “Qual è il punto centrale che ancora divide?”, ha detto il senatore Vannino Chiti. “Chi elegge i consiglieri-senatori. Io voglio che siano i cittadini. Governo e maggioranza Pd sostengono che devono essere i consigli regionali. Sarebbe bello se chi sostiene quest’ultima impostazione ne desse le motivazioni, uscendo dalle sciocchezze secondo cui il voto dei cittadini imporrebbe di mantenere al nuovo Senato la fiducia ai governi”.