“Una normalizzazione del Medio Oriente? Non ci sarà mai perché non conviene alle ‘superpotenze’. Cina, Russia, Stati Uniti ed Europa non hanno alcun interesse a risolvere i problemi di paesi come la Siria e l’Iraq. Se avessero voluto l’avrebbero già fatto. A loro conviene che ci siano governi deboli, autoritari, senza un ampio consenso popolare. Solo così potranno continuare a spartirsi risorse naturali come gas e petrolio”. Questa la tesi, come sua abitudine scomoda, di Tariq Ramadan, ospite a Mantova per il Festivaletteratura, al quale ha partecipato con il sociologo francese Edgard Morin con cui ha scritto il libro-dialogo “Il Pericolo delle idee”. Ramadan, considerato uno dei più influenti intellettuali musulmani d’Europa, non ha dubbi: il caos mediorientale è frutto di un preciso disegno geopolitico di spartizione predisposto dalle quattro potenze che, di fatto, decidono dove ci deve essere la pace e dove, invece, si deve continuare a combattere.
Anche l’Isis, il movimento islamico di ispirazione fondamentalista, fa parte di questo disegno il cui fine è lo sfruttamento di petrolio e gas di cui le regioni mediorientali sono ancora ricche. Anzi, lo Stato islamico, violento e spietato, è uno strumento fondamentale per mantenere il disordine organico. Certo questa teoria non potrebbe reggere senza la complicità, Ramadan non dice se volontaria o meno, dei governi iracheno e siriano. “Non diamo la colpa della situazione mediorientale soltanto alle potenze economiche mondiali – ha aggiunto Ramadan – perché una grande responsabilità ce l’hanno i governi dei Paesi in cui queste crisi umanitarie sono in atto. Paesi che hanno estremizzato l’Islam, tolto libertà ai cittadini e preso una deriva dittatoriale pericolosissima”. L’Isis, continua, “è un’emanazione di questa confusa situazione, nella quale si creano spazi per movimenti illiberali, dispotici e fanatici”.
Strettamente collegato è il tema dei rifugiati. Centinaia di migliaia di siriani, fra gli altri, stanno fuggendo da un Paese alla deriva e questo perché, secondo Ramadan, “non si è voluto mettere fine alla guerra in Siria. Ora è un dovere per l’Europa accogliere queste persone e, politicamente, sarebbe anche ora che l’Europa stessa, intesa come potenza politica, si assumesse le proprie responsabilità per un fenomeno epocale come quello delle attuali migrazioni, che lei stessa ha contribuito a creare e ingigantire non risolvendo le diverse crisi mediorientali e africane”.