La Fondazione dei consulenti del lavoro ha calcolato che lo Stato dovrà sborsare 1,9 miliardi solo per garantire l'esonero contributivo ai contratti attivati da gennaio ad agosto. Ma nella manovra sono stati stanziati solo 1,8 miliardi. Il sindacato dei consulenti propone un'alternativa: ridurre di un punto, per sempre, l'aliquota sui contributi a carico delle imprese
E’ ancora caos sui numeri del lavoro. Dopo la querelle sulle cifre dei contratti stabili attivati nel 2015, stavolta la polemica verte sulle coperture degli incentivi per chi assume a tempo indeterminato. A segnalare il problema è la Fondazione studi dei consulenti del lavoro che, in base agli ultimi dati Inps, ha calcolato che le casse dello Stato dovranno sborsare 1,9 miliardi di euro per garantire l’esonero contributivo ai contratti attivati da gennaio ad agosto. Ma lo stanziamento previsto dalla legge di Stabilità si fermava a 1,8 miliardi: stando a queste cifre, le risorse sono esaurite. “Non so come abbiano fatto i calcoli: per quello che ci risulta, e anche al Mef, questo problema non è stato sollevato. Non risulta“, ha replicato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti a margine della Festa dell’Avanti.
I consulenti del lavoro confermano le proprie stime e rilanciano. “Il governo dovrà stanziare altre somme per arrivare al 31 dicembre – spiega Rosario De Luca, presidente della Fondazione – Prevediamo una spesa complessiva di 3 miliardi nel 2015″. Già, perché l’incentivo durerà fino a dicembre e, stando ai numeri dei consulenti del lavoro, il conto è destinato a lievitare ulteriormente: entro la fine dell’anno, l’esecutivo dovrebbe trovare risorse per 1,2 miliardi di euro. E sarebbe un’altra grana per il ministero dell’Economia, che nel comporre il rebus della prossima manovra si trova già a fare i conti con circa 30 miliardi di coperture da individuare.
L’incentivo prevede l’esenzione per i prossimi tre anni dal pagamento dei contributi per le imprese che nel 2015 assumano stabilmente un dipendente, sia con un nuovo contratto sia trasformando un rapporto a termine già esistente. Il tetto massimo dell’agevolazione è stato fissato a 8.060 euro all’anno. A partire da gennaio, il bonus ha dato una spinta ai rapporti a tempo indeterminato, che nei primi sette mesi dell’anno hanno registrato 1,1 milioni di nuovi contratti, in aumento del 35,4% rispetto al 2014, e 388mila stabilizzazioni (+41,6%). Di questi rapporti di lavoro, informa l’Inps, 787mila contratti hanno goduto dell’esonero contributivo. Anche se, va ricordato, c’è chi si è approfittato dell’incentivo aggirando la legge: sono i cosiddetti “furbetti del Jobs act”, come li hanno ribattezzati i sindacati, che hanno segnalato abusi simili in Emilia e in Friuli.
E ora c’è anche il rebus legato alle coperture. Ma i consulenti del lavoro allargano il discorso, spiegando che il problema non si limita alle risorse: l’esigenza è quella di un intervento strutturale. “Incentivare l’utilizzo del contratto a tempo indeterminato è positivo, – si legge in una nota di Ancl, il sindacato unitario dei consulenti del lavoro – ma farlo solo attraverso misure di carattere temporaneo come la decontribuzione triennale prevista dal Jobs Act non è sufficiente”. Il presidente dell’associazione Francesco Longobardi chiede il taglio del cuneo fiscale, cioè delle imposte che gravano sul lavoro, e parla di “una nuova forma di flat tax, che incida in maniera moderata e accettabile sui rapporti di lavoro, tanto in ambito contributivo quanto in ambito fiscale”. A spiegare meglio l’idea è Dario Montanaro dell’ufficio di presidenza di Ancl: “Chiediamo la riduzione di un punto dell’aliquota sui contributi a carico delle imprese. L’operazione costerebbe circa 2 miliardi di euro, che è anche meno di quanto si spenderà per l’esonero contributivo”. Il consulente del lavoro sottolinea poi un altro rischio insito nell’incentivo del governo. “Se un nuovo imprenditore trova nuovi lavoratori, – ragiona Montanaro – grazie alle agevolazioni avrà un 30% del costo del lavoro in meno rispetto a quanti, magari con fatica, hanno mantenuto i dipendenti in azienda. E sbaraglierà la concorrenza. La realtà sta denunciando disperatamente un’ingiustizia nei confronti chi ha preservato i posti di lavoro”.
Le perplessità dei consulenti del lavoro non si limitano all’esonero contributivo, ma si allargano al Jobs act nel suo complesso.”Per quanto riguarda l’entrata nel mondo del lavoro e il sistema di ricollocamento, per non parlare dell’effettiva alternanza scuola-lavoro, la riforma sembra farraginosa e non di immediata attuazione”, spiega la nota dell’Ancl. “Manca un coordinamento tra i vari decreti, un filo conduttore – aggiunge Montanaro – Questo determina una complessità normativa che rappresenta un disincentivo ad assumere per le aziende. C’è il rischio il datore di lavoro rimanga deluso quando verificherà una difformità tra quello che dicono le comunicazioni governative e quello che gli interventi stessi propongono”.