Bergoglio ha incontrato dirigenti e dipendenti della Banca di credito cooperativo Roma nel sessantesimo della fondazione dell'istituto e ha ribadito le parole pronunciate più volte perché il mondo della finanza si impegni per una maggiore eticità nel lavoro
“Fate crescere l’economia dell’onestà in questo tempo dove l’aria della corruzione viene dappertutto”. È l’appello che Papa Francesco ha rivolto ai 7mila dirigenti e dipendenti della Banca di credito cooperativo di Roma ricevuti nell’Aula Paolo VI in Vaticano in occasione del sessantesimo di fondazione del loro istituto finanziario. “A voi – ha affermato Bergoglio – è chiesto non solo di essere onesti, questo è normale, ma di diffondere e radicare l’onestà in tutto l’ambiente: lotta alla corruzione”. Il Papa si è richiamato subito al discorso che aveva rivolto nel febbraio 2015 contro le false cooperative che “ingannano per scopi di lucro”. Così come nella sua enciclica sociale Laudato si’ aveva puntato il dito contro il salvataggio a ogni costo delle banche “facendo pagare il prezzo alla popolazione”.
Ai membri della Bcc di Roma Francesco ha rivolto alcuni incoraggiamenti: “Continuare a essere un motore che sviluppa la parte più debole delle comunità locali e della società civile, pensando soprattutto ai giovani senza lavoro e puntando alla nascita di nuove imprese cooperative; preoccuparvi del rapporto tra l’economia e la giustizia sociale, mantenendo al centro la dignità e il valore delle persone. Al centro sempre la persona, non il dio denaro; promuovere un uso solidale e sociale del denaro, nello stile della vera cooperativa, dove non comanda il capitale sugli uomini, ma gli uomini sul capitale”. Dopo la benedizione, non è mancata la battuta finale del Papa: “Sia chiaro che non vi chiedo soldi, ma preghiere“.
La lotta alla corruzione di Francesco è iniziata fin da subito dopo l’elezione al pontificato. È rimasto celebre l’auspicio, rivolto a 6mila giornalisti tre giorni dopo la fumata bianca, il 16 marzo 2013, di una “Chiesa povera e per i poveri”. Di lì il termine corruzione è entrato a pieno titolo tra le parole chiave del pontificato di Bergoglio. L’11 novembre 2013, durante la messa nella cappella della sua residenza di Casa Santa Marta, il Papa punta il dito contro i devoti della “dea tangente“: “No alla doppia vita dei benefattori della Chiesa che rubano allo Stato“.
Il monito contro la corruzione ritorna anche nella messa che Francesco celebra con 500 politici italiani, il 27 marzo 2014: “È più difficile che i corrotti tornino a Dio”. A Napoli, il 21 marzo 2015, Bergoglio tuona subito contro la corruzione che “spuzza”: “La società corrotta puzza e un cristiano che fa entrare dentro di sé la corruzione non è cristiano, puzza”.
Ma l’appello a non essere timidi nella lotta alla corruzione il Papa lo rivolge anche alla Conferenza episcopale italiana il 18 maggio 2015: “La sensibilità ecclesiale comporta anche di non essere timidi o irrilevanti nello sconfessare e nello sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata che è riuscita a impoverire, senza alcuna vergogna, famiglie, pensionati, onesti lavoratori, comunità cristiane, scartando i giovani, sistematicamente privati di ogni speranza sul loro futuro, e soprattutto emarginando i deboli e i bisognosi”. Così come nell’omelia di Pentecoste, il 24 maggio 2015, Francesco chiede nuovamente a tutta la Chiesa di “lottare senza compromessi contro la corruzione”.