Dopo giorni di mugugni sotterranei è arrivato l’avvertimento esplicito. “O il governo accetta di rimettere mano all’Italicum o ci saranno conseguenze per le riforme perché nessuno riuscirà a convincere” i senatori dissidenti di Ncd a non votare contro. E’ il messaggio lanciato dal coordinatore del Nuovo Centrodestra Gaetano Quagliarello al governo di Matteo Renzi. “Credo che sia  interesse dell’Italia che continui a esistere una forza occidentale in politica estera, liberale in economia e cristiana nei principi, e che sia praticabile l’alleanza tra culture politiche differenti. Credo inoltre che sia interesse anche dei nostri alleati di governo che questa forza abbia lo spazio istituzionale per esistere autonomamente”, ha detto Quagliarello intervenendo alla festa nazionale dell’Udc.

Messaggio chiaro: o si cambia la legge elettorale, assicurando quindi al Nuovo Centrodestra di essere presente in parlamento alla prossima legislatura, o il partito di Angelino Alfano non assicurerà il suo sostegno sul delicato fronte delle riforme costituzionali. Un avvertimento diretto al governo e al premier. che però ostenta sicurezza.

Continuare a dire che mancano i numeri per votare la riforma costituzionale in realtà “porta bene” anche perché, invece, “i numeri al Senato c’erano, ci sono e ci saranno”, è il commento del Renzi al ritorno da New York. E il messaggio di Quagliarello raccoglie anche la replica di Maria Elena Boschi.”Sono sicura che alla fine prevarrà il senso di responsabilità anche da parte di Ncd” ha detto il ministro alle Riforme parlando a margine della Festa dell’Unità di Firenze. “Penso che i senatori saranno saggi e non vorranno fermare il percorso”, ha aggiunto, anticipando poi le date della nuova riforma del Senato che potrebbe essere approvata “prima della legge di stabilità“. “Il termine del 15 ottobre è un impegno preso con i cittadini” ha detto Boschi, auspicando che “dopo anni di rinvii” si avvicina l’approvazione.

E se nei confronti degli alfaniani il ministro delle Riforme si è espressa in tono conciliante, battute molto più agguerrite sono state riservate a Massimo D’Alema. “Il Pd sta perdendo consenso? È un Pd che ha vinto tutto. Non è più al 40 per cento ma, dice D’Alema, siamo al 34 per cento. Se anche i sondaggi fossero veri, avremmo il doppio dei voti che aveva il partito quando D’Alema lo ha lasciato”. Attacco diretto anche alle sigle sindacali. “I sindacati? hanno contribuito in parte a bloccare il Paese: Se si fossero occupati più dei precari e non delle pensioni da 300 mila:non è un problema il fatto che ci siano i pensionati nei sindacati il punto vero è che nei sindacati non ci sono i lavoratori e soprattutto i giovani lavoratori”, ha detto il ministro.  “Come noi ci mettiamo in discussione – ha poi aggiunto – credo che anche il sindacato debba mettersi in discussione, magari sulle regole di rappresentanza, se sono attuali o se devono essere cambiate”.

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