Martedì sarà il giorno dell’ennesimo ritorno del bavaglio nella politica italiana. Il Parlamento ci prova ancora, l’obiettivo è sempre lo stesso: limitare la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche. Martedì pomeriggio, dunque, tocca alla Camera. Dichiarazioni di voto e poi probabile via libera (il primo) alla riforma del processo penale. Dentro al ddl, c’è la delega al governo per metter mano alle intercettazioni. Ma prima servono i passaggi a Montecitorio e Palazzo Madama.
Evidentemente, tra le tante priorità del delicato periodo politico, le intercettazioni sono in cima all’agenda autunnale renziana. L’esecutivo infatti ha già chiarito di voler fare in fretta. Già a fine agosto il ministro della Giustizia Andrea Orlando aveva dichiarato la volontà di approvare tutto in tempi brevi, in un’intervista al Messaggero: “Ce la possiamo fare entro la fine del 2015. La delega sulle intercettazioni possiamo attuarla a strettissimo giro, inizieremo a discuterne subito dopo il via libera alla Camera”. Che dovrebbe arrivare appunto martedì sera. Poi ci sarà il passaggio al Senato e poi il testo finirà nelle mani del governo. Tecnicamente, non ci sono impedimenti nel realizzare tutto nei tempi previsti da Orlando.
Gran parte della polemica, prima della pausa estiva si era concentrata sul cosiddetto emendamento Pagano (dal nome del deputato di Ncd che l’aveva presentato), la norma che prevede la reclusione da 6 mesi a 4 anni per “chiunque diffonda, al fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui, riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentamente effettuate”. Una legge che avrebbe fatto rischiare il carcere ai giornalisti d’inchiesta di gran parte delle trasmissioni televisive italiane. “Quella norma è stata superata – garantisce il deputato del Pd Walter Verini –. Il mattino successivo abbiamo risolto il problema con un emendamento a firma mia e di David Ermini (altro Pd, ndr): sono escluse le registrazioni ai fini di diritto di cronaca e uso processuale”.
Lo stesso ministro della Giustizia ha subito garantito che “non è l’orientamento del governo prevedere la galera per i giornalisti”. Ma la legge sulle intercettazioni non è solo l’emendamento Pagano. La stretta studiata in Parlamento riguarda la pubblicazione delle conversazioni non penalmente rilevanti. “L’orientamento – spiega ancora Verini – è quello della cosiddetta udienza filtro, dove l’avvocato della difesa, il pm e il giudice valutino quali siano le intercettazioni di rilevanza processuale. Se non lo sono, l’udienza filtro le esclude, le mette in una ‘cassaforte’ sotto la responsabilità del giudice, non vengono cancellate. L’obiettivo è la tutela della privacy”.
Non è contemplato, ma al contrario combattuto, l’interesse pubblico alla conoscenza di conversazioni – e fatti – che non siano penalmente, ma politicamente o eticamente rilevanti. Per intenderci: le conversazioni tra Matteo Renzi e il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi (quelle in cui l’attuale premier, tra le altre cose, definisce “un incapace” il suo predecessore a Palazzo Chigi) probabilmente non avrebbero mai passato l’udienza filtro, nonostante l’innegabile rilevanza pubblica. Il principio che il Parlamento ha tanta fretta di tutelare non è la libertà d’informazione, ma la riservatezza delle sue conversazioni.
da il Fatto Quotidiano del 13 settembre 2015