“Metterli negli appartamenti? Nelle canoniche? L’abbiamo fatto, ma non basta più. E io devo dare risposte subito, oggi. Se aspettiamo di trovare la soluzione migliore possibile, il risultato è che nel frattempo decine di persone dormono nei parchi o davanti alla stazione sotto le pensiline delle biciclette. Meglio, allora, aprire le caserme“. Furio Honsell, sindaco di Udine dal 2008, è stato tra i primi a lanciare l’allarme sugli arrivi dei migranti in Europa dalla rotta balcanica, quella su cui nelle ultime settimane si sono accesi i riflettori a causa delle decine di migliaia di profughi siriani che si sono riversati in Ungheria con l’obiettivo di raggiungere Austria e Germania. E’ uno dei pochi primi cittadini italiani che devono fare i conti, giorno dopo giorno, con un flusso costante di richiedenti asilo che attraversano la frontiera a piedi o nascosti sui camion sperando di ottenere asilo o protezione umanitaria. All’inizio di settembre ha scritto al prefetto e all’assessore regionale alla Solidarietà, Gianni Torrenti, denunciando “situazioni indegne per un Paese civile” e “insostenibili non appena scenderanno le temperature e arriveranno le piogge“. E chiedendo che la Regione metta a disposizione prefabbricati o dia almeno il via libera all’utilizzo delle aree militari dimesse.
In Friuli Venezia Giulia ci sono oggi circa 2.600 migranti, contando anche quelli sbarcati nelle regioni del Sud e trasferiti qui per decisione del Viminale: è solo il 3% del totale nazionale, ma in rapporto alla popolazione si tratta di più di un profugo ogni 500 abitanti. In Lombardia, per avere un termine di paragone, la proporzione è di uno a 800. Il capoluogo friulano ne ospita circa 600, di cui 300 da quest’estate dormono in tenda dentro la ex caserma Cavarzerani, semi diroccata. Nelle ultime settimane però l’emergenza è esplosa. Per circa 150 persone non c’è posto: dormono all’aperto, per strada e nei parchi. I lavori di ristrutturazione della Cavarzerani, dove la governatrice della regione Debora Serracchiani aveva annunciato la nascita del primo di sei hub di riconoscimento dei richiedenti asilo, vanno a rilento.
La giunta Serracchiani rivendica la scelta di privilegiare, rispetto ai famigerati Cara, un modello basato sulla cosiddetta “accoglienza diffusa“. Quello considerato prioritario anche dal ministero dell’Interno e in base al quale i migranti devono essere ripartiti nei diversi Comuni e ospitati in molte piccole strutture, soprattutto case private prese in affitto e gestite dalla Caritas e altre associazioni. Ma se a Trieste il meccanismo regge, a Udine ormai mostra le corde. “Il problema è molto diverso da come viene rappresentato nelle dichiarazioni semplicistiche via Twitter, dove tanti si offrono di accoglierli a casa loro“, si sfoga con ilfattoquotidiano.it il matematico ed ex rettore dell’università. “Benissimo, ditemi dove”.
“Da noi non arrivano famiglie siriane ma quasi solo ragazzi afghani più alcuni pakistani. Ragazzi che vogliono ottenere la protezione internazionale e spostarsi prima possibile in altri Paesi europei”, spiega Honsell. Che a sistemarli in appartamenti e canoniche ci ha provato, “ma quelli disponibili sono già pieni”. E gli alberghi? “Li usiamo, certo, ma è una soluzione di breve periodo: in bassa stagione sono contenti di ospitare i migranti, in estate chiedono di liberare le stanze. Il mio problema è la quotidianità: io devo sistemare le persone ogni sera, dare a tutti un pasto. E pregare che non piova. E’ da quest’estate che chiedo alla regione di darci almeno qualche tenda in più: mi hanno risposto che erano finite“. Di qui la richiesta di recuperare parte dei 102 chilometri quadrati di aree militari dismesse.
Intanto, decine di persone dormono nei parchi. Non senza polemiche: qualche mese fa la moglie del patron dell’Udinese, Linda Pozzo, ha fatto sapere che avrebbe ritirato i contributi per i campi da calcetto gonfiabili e le altre attrezzature sportive del centrale parco Moretti perché “è diventato un vero e proprio centro di prima accoglienza per immigrati e profughi”. Sabato, poi, la Lega ha organizzato davanti alla Cavarzerani un presidio per chiedere l’accorciamento dei tempi per l’esame delle richieste di asilo (oggi ci vuole anche un anno) e lo stop all’accoglienza per chi non scappa da zone di guerra. “Strumentalizzazioni“, secondo Honsell. “Qui non c’è razzismo, è una città civile e voglio che continui a esserlo. Ma perché succeda è indispensabile dare risposte subito”.