Vacanze finite, suona la campanella. Ma sarà un anno molto particolare per i quasi otto milioni di ragazzi e 800mila insegnanti che oggi tornano su banchi e cattedre di tutto il Paese. Forse di transizione, comunque diverso: la Buona scuola della riforma Renzi-Giannini è tutta da costruire. Ci sono tante novità, quasi nessuna a pieno regime. A partire dalle assunzioni, per il momento ancora a metà. Se gli istituti avranno subito i fondi di funzionamento, mancano gli insegnanti per il potenziamento. Se la valutazione dei docenti e l’alternanza scuola/lavoro sono già realtà, le polemiche sui comitati interni e l’assenza di indicazioni pratiche rischiano di rallentare la partenza di due punti cardine della riforma. E con in aggiunta la solita carenza di presidi (chiamati a funzioni sempre più rilevanti) e docenti di sostegno, l’anno scolastico comincia senza certezze. In attesa di capire se la scuola di Matteo Renzi sarà davvero buona.
METÀ PROF AD ANNO IN CORSO – Tutta l’estate è stata caratterizzata dal dibattito sul piano straordinario di assunzioni. I criteri scelti dal governo, i numeri promessi e quelli effettivi, l’incubo esodo per tanti precari. Per gli studenti ed il funzionamento delle scuole, però, conta soprattutto quanti saranno i nuovi docenti in cattedra a settembre: solo la metà, sul totale dei posti creati dalla riforma. Non è una sorpresa, il Ministero lo aveva chiarito fin da subito: le difficoltà nell’approvazione in Parlamento del ddl hanno reso impossibile effettuare subito tutte le assunzioni. Per il momento le immissioni in ruolo sono state “solo” 38mila (di cui 7mila fuori dalla Regione di appartenenza), sui posti vacanti e disponibili. Gli altri 55mila prof, a cui toccherà il potenziamento, arriveranno solo ad autunno inoltrato. E i supplenti già nominati sono solo a termine, in attesa che arrivino le nuove graduatorie d’istituto e gli “aventi diritto al ruolo”. Tanti insegnanti mancano all’appello, altri ci sono e verranno sostituiti. Non la condizione ideale per garantire la continuità dell’offerta formativa.
PIÙ SOLDI AGLI ISTITUTI – È uno dei risultati più rivendicati dalla gestione Giannini: il Fondo di funzionamento arriva quest’anno prima e quasi raddoppiato agli istituti. Le risorse stanziate sono passate da 110 a 233 milioni di euro. In media – spiegano dal Miur – un aumento di 10mila euro per scuola. Soprattutto, i presidi avranno a disposizione subito questi soldi, mentre in passato non erano mai stati assegnati prima di novembre. Potrebbe non bastare, però, per risolvere il problema della mancanza di fondi, esploso l’anno scorso in particolare in certe province. E, per il futuro, c’è una data segnata in rosso sul calendario: entro il 31 ottobre le scuole devono consegnare al Ministero il Piano dell’offerta formativa triennale, da cui dipenderà l’assegnazione dei nuovi docenti e – negli anni a venire – anche di alcune risorse. Un passaggio delicato per tutti gli istituti del Paese. Come quello dell’alternanza scuola/lavoro: novità importante per gli studenti delle superiori. Ma gestire 200 ore a ragazzo nei licei (e 400 negli istituti tecnici) non sarà facile: servono al più presto le liste delle aziende e degli sportelli con cui attivare i tirocini.
EMERGENZA PRESIDI E SOSTEGNO – Ciò che invece la riforma non è riuscito a risolvere è la carenza cronica di presidi e docenti di sostegno. Il ruolo del dirigente scolastico diventa centrale nella Buona scuola di Renzi. Eppure l’anno comincia senza guida per 1.700 istituti, e il governo ha deciso di non concedere esoneri dall’insegnamento per i vicari. Discorso analogo per il sostegno: tante immissioni in ruolo del piano straordinario portano in cattedra insegnanti che si occupano dei disabili. Ma ci sono circa 3mila posti tra Fase B e Fase C che rischiano di rimanere scoperti. E i provveditorati di diverse città (da Milano a Prato) hanno già lamentato carenze di organico.
COMITATI INTERNI A RISCHIO BOICOTTAGGIO – Da quest’anno, inoltre, tutti i docenti (comuni o di sostegno) cominceranno ad essere valutati, ai fini dell’assegnazione di un bonus stipendiale. È un’altra delle novità più importanti e contestate della riforma. I comitati di valutazione – composti da preside, tre docenti, rappresentanti di studenti e genitori e un membro esterno – potrebbero diventare teatro di scontro. I sindacati (ma anche alcune associazioni studentesche) hanno invitato i loro iscritti al boicottaggio, rifiutando la nomina o limitandosi alle funzioni ordinarie. Il rischio è che queste polemiche abbiano non pochi strascichi sul clima all’interno degli istituti.
LO SPETTRO DEL REFERENDUM E DELLA CONSULTA – Questo l’impatto, le novità e le incognite della riforma sull’anno scolastico. Poi ci sono vicende al di fuori dagli istituti che potrebbero cambiare completamente il quadro della situazione. Il movimento per il referendum contro la Legge 107, che ha già cominciato a raccogliere le firme. L’opposizione delle Regioni (da ultima la Puglia di Michele Emiliano, ma sul piede di guerra c’è anche il Veneto della Lega e di Zaia) che hanno scelto di impugnare davanti alla Consulta il ddl. E se saltasse la riforma, si tornerebbe dalla Buona scuola alla “vecchia” scuola.