Forse voleva essere solo uno sfogo, magari un po’ troppo teatrale. Eppure con il suo intervento, il deputato siciliano Pippo Sorbello ha scatenato un putiferio. “Molti di quelli che hanno cambiato casacca in questo parlamento hanno avuto nomine a iosa di parenti, di amici e amici degli amici: io sono forse uno dei pochi che non ha avuto niente” aveva detto in un giorno dell’aprile scorso, davanti ad un’Assemblea regionale siciliana attonita. Ma come? Possibile che un deputato, peraltro di maggioranza, accusi i suoi colleghi di essersi venduti per passare da un partito all’altro? Possibile che ciò avvenga al parlamento siciliano, titolare di una serie di record, incluso probabilmente quello sui cambia casacca di professione? Eppure era successo.
E mentre le parole del deputato dell’Udc , rientrato all’Ars dopo aver vinto il ricorso contro la legge Severino che lo aveva colpito a causa di una condanna per abuso d’ufficio, erano presto scivolate nella memoria dei sempre impegnatissimi onorevoli siciliani, la Digos ha aspettato i primi giorni di settembre per convocare Giorgio Ciaccio, capogruppo del Movimento Cinque Stelle in consiglio regionale. Il motivo? Dopo l’inedito j’accuse, i pentastellati avevano infatti spedito un esposto alla procura di Palermo, corredato appunto del verbale d’aula della seduta “turbata” dallo sfogo di Sorbello. E adesso quindi gli investigatori stanno cercando di capire cosa volesse dire il deputato dell’Udc con quel riferimento a “nomine” agli “amici degli amici” in cambio di un passaggio di partito.
Un’indagine, quella condotta dalla Digos, che è ancora alle battute iniziali e non ha al momento né indagati e nemmeno ipotesi di reato. Ma è un fatto che, nello stesso periodo in cui Sorbello tuonava contro i colleghi, i corridoi di palazzo dei Normanni subivano una pesante scossa d’ assestamento causata dai massicci cambi di militanza di parecchi onorevoli. Erano i mesi in cui il nuovo Partito Democratico di Matteo Renzi e Davide Faraone, quello con “la stessa forza di Forza Italia del 61 a 0″ (parole del sottosegretario siciliano), aveva appena distribuito la propria tessera ai deputati regionali di Articolo 4 (con annessi vassalli e feudi locali, in totale 500 amministratori), ex supporter di Cuffaro e Lombardo che avevano fatto toccare ai dem quota 25 seggi all’Assemblea regionale siciliana. Un vero e proprio record per un partito storicamente minoritario in Sicilia, che alle regionali del 2012, le prime vinte nella sua storia, era entrato all’Ars con appena 17 deputati.
Il Pd però non è l’unico partito ad avere cambiato composizione dato che in meno di tre anni di legislatura, all’Ars sono ben 49 i deputati che hanno cambiato almeno un gruppo parlamentare da quando sono stati eletti nell’ottobre del 2012: in pratica più della metà dei 90 onorevoli è composta da voltagabbana incalliti. Il record assoluto lo fa registrare Alice Anselmo: sei partiti in due anni e mezzo, uno ogni cinque mesi. Eletta nel listino di Rosario Crocetta aderisce, come è normale al gruppo Megafono, cioè la lista personale del governatore. Tra i crocettiani di strettissima osservanza resta però poco: passa a Territorio, gruppo fondato dall’altro specialista del cambio di maglia Nello Dipasquale (ex Dc ed ex Forza Italia, è passato da cinque gruppi parlamentari senza mai abbandonare il sostegno al governatore). Anche lì Anselmo non si trova a suo agio: ecco quindi che aderisce ai Drs, il partitino dell’ex ministro Salvatore Cardinale, quindi opta per l’Udc, seguendo poi i fedelissimi di Lino Leanza in Articolo 4. Da lì ecco completato il giro con l’adesione al Pd.
Più rocambolesco il salto del fosso di Luisa Lantieri, approdata all’Ars da Piazza Armerina, eletta con Grande Sud, fiera sostenitrice del candidato governatore Gianfranco Micciché. Il fascino del governo però l’ha colpita quasi subito, dato che ha abbandonato i suoi per passare ad Articolo 4 e quindi a Sicilia Democratica, sostenendo Crocetta e preparandosi, insieme ai colleghi, ad entrare a sua volta nel Pd. Prenderebbe la tessera del partito di Renzi, sostenendo il governo dell’ex comunista Crocetta, anche Carmelo “Pippo” Currenti, deputato messinese che ha guadagnato i gradi di onorevole con la lista dell’ex “nero” Musumeci, per anni punta di diamante del Movimento Sociale.Una volta a Palazzo dei Normanni, però, Currenti ha ammorbidito la sua posizione passando con i moderati di Articolo 4. Poi ha seguito Leanza in Sicilia Democratica e adesso andrebbe a vestire i panni del progressista se il suo gruppo decidesse di entrare nel Pd: dall’estrema destra al centro sinistra in meno di tre anni.
Del resto che questa legislatura fosse destinata ad occupare un posto particolare nelle classifiche dei voltagabbana lo si poteva capire anche prima delle parole di Sorbello. In campagna elettorale, infatti, il commercialista catanese Antonio Paladino aveva fatto riempire le strade con i manifesti che promuovevano la sua candidatura all’Ars con Grande Sud e in sostegno di Gianfranco Micciché. Alla chiusura delle liste, però, ecco che Paladino si accorda in extremis con l’Udc, fa stampare nuovi manifesti con il simbolo del partito di Casini e corre sostenendo la candidatura di Crocetta. Solo che i vecchi manifesti rimangono ai muri e per qualche giorno gli elettori hanno potuto vedere l’effige di Paladino sorridere dalla medesima foto, con lo stesso slogan (il sempreverde “sosteniamo lo sviluppo e il lavoro”) ma con due simboli e candidati presidenti diversi. Un caso quasi unico di candidato in comproprietà tra due aspiranti presidenti. Purtroppo, però,non è riuscito a raggiungere l’elezione: avrebbe sicuramente contribuito ai record del Parlamento dei cambiacasacca.