Una stampante 3D alta 12 metri per costruire case a prezzi contenuti e a bassissimo impatto ambientale. Non è fantascienza ma è la realtà, il progetto dell’azienda Wasp di Massa Lombarda, nel ravennate, che ha dato vita alla prima stampante a tre dimensioni d’Italia in grado di produrre, dall’argilla, alloggi dal prezzo praticamente pari a zero. Soluzioni abitative fatte di un materiale antico, quasi un ritorno alle origini dell’edilizia umana, ma solido, reperibile in loco e in grado, quindi, di abbattere i costi di realizzazione. Il suo nome è Big Delta, perché è la stampante 3D più grande al mondo, e Wasp la presenterà il prossimo 18 settembre durante un evento apposito che l’azienda sta organizzando a Massa Lombarda.
“E’ un sogno che diventa realtà – spiega Wasp – frutto di anni di ricerche per studiare le proprietà della materia prima, e per creare un prodotto, questa tipologia di stampante 3D, che fino ad ora esisteva solo all’estero”. I predecessori di Big Delta, infatti, si trovano ad Amsterdam, in California e a Shangai, con gli americani a fare da pionieri e i cinesi a conquistare la medaglia d’oro per essere stati i primi ad aver effettivamente stampato in 3 dimensioni 10 strutture adibite a uffici. Moduli prefabbricati di fattura semplice, che costano meno di 5.000 dollari, alti 7 metri e larghi 10, realizzati in poco più di 24 ore. Il tutto all’insegna dell’ecosostenibilità, oltre che del risparmio economico.
I principi che hanno guidato il progetto di Wasp, acronimo di World’s advanced saving project. “Il progetto è nato nel 2012 – spiega l’azienda – il nostro sogno è sempre stato quello di trovare una soluzione affinché tutti possano avere una casa, il che comporta la necessità di escogitare un sistema per costruire abitazioni a prezzi contenuti. Così abbiamo iniziato a studiare un progetto di stampante 3D, finanziando la fase di ricerca con la vendita delle stampanti”. Wasp, infatti, produce stampanti solide professionali con l’intento di incentivare lo sviluppo sostenibile e l’autoproduzione, i suoi primi prototipi, Powerwasp e Deltawasp, servono a fresare legno, alluminio, a stampare impasti ceramici, e a numerose altre attività che fanno parte dell’artigianato digitale.
“Attraverso il ricavato delle vendite, quindi, abbiamo portato avanti Big Delta”. Primo passo, la scelta del materiale di costruzione. “Abbiamo studiato materie prime che fossero donate dalla terra, ad alto rendimento, con un costo di produzione basso, per la crescita delle quali non servissero concimi chimici e che fossero coltivabili ovunque. Una casa in argilla non è nulla di nuovo, è anzi un’applicazione antichissima. La tecnologia 3D consente però di realizzare costruzioni molto gradevoli esteticamente in tempi brevi e con una necessità di manodopera praticamente pari a zero. Ma l’innovazione davvero sorprendente è la scoperta che l’inserimento dei semi di alcune graminacee all’interno dell’impasto da stampare impediscono che l’argilla si ritiri seccandosi”.
E poi c’è la trasportabilità. “Vogliamo che Big Delta arrivi anche in zone del pianeta che non dispongono delle strutture e della tecnologia a cui siamo abituati, sia per quanto riguarda il trasporto che il rifornimento di energia. La stampante ha quindi fattezze apparentemente molto semplici proprio per poter soddisfare questi requisiti necessari. I bracci della BigDelta trasportano all’incirca 70 kg, per un consumo ridotto a meno di un decimo rispetto alle stampanti a portale ed equivalente a circa 300 watt, perfettamente gestibile quindi con una batteria e pochi metri quadri di pannelli solari. Oltre a ciò, la BigDelta è stata progettata per essere montata in tempi brevi: a tre persone occorrono circa due ore, e si alimenta a sole, vento e acqua”.
Per stampare la prima casa in argilla, però, ci vorrà ancora qualche tempo. “Le condizioni ci sono, ciò che manca, ora, è che entrino in gioco altri soggetti: i territori, i comuni, le istituzioni. Sardegna Ricerche e il Comune di Iglesias si sono dimostrati interessati al progetto. Certo dovrà essere un lavoro di équipe e servirà un team. Altre squadre cominceranno a usare la macchina, noi continueremo a fare ricerca per migliorare il sistema”.